Con Peste che fa seguito a La compagnia della morte, offerta generosamente in antipasto ai suoi lettori meno di un mese fa, Alfredo Colitto ripercorre il “feuillettonesco” cammino del romanzo storico alla Victor Hugo intrapreso con brillante e saporoso ardimento in La porta del paradiso. Con la sua bella e facile scrittura, il suo stile inconfondibile che fa il lettore testimone di episodi e situazioni, ci racconta un’altra volta una straordinaria Napoli seicentesca, quella Napoli opulenta e miserabile allo stesso tempo insomma, che si può ritrovare nei raffinati e ricchissimi presepi napoletani, straordinario esempio di storia e memoria tramandata.
Pagina dopo pagina ricostruisce, porta in scena e fa vivere un affresco vero, palpabile e magari sceso dalle pareti di qualche cappella gentilizia dimenticata. E ci regala una “napoletanità” forse solo immaginata all’inizio ma poi percepita e compresa fino in fondo. I personaggi sono reali, i quartieri brulicano di attività buone o “male” (la camorra è vizio secolare), le tradizioni invadono con prepotenza la scena, la dominano talvolta, la schiacciano quasi.
Un bellissimo esempio di romanzo storico. Dove il bene deve combattere e sconfiggere il male. Dove le vittime avvilite e percosse, non abbassano mai la testa ma sono sempre in cerca di riscatto e di vendetta. Dove i cattivi possono e devono essere cattivissimi fino in fondo, e solo a qualcuno di loro sarà concessa facoltà di redenzione.
Una bella storia dove i due principali protagonisti Cecilia, quindicenne, teatrante girovaga, involontaria e terrorizzata testimone di un incontro segreto che prelude a un tradimento avvierà sé e la sua famiglia a quella che sembra un’ineluttabile spirale di morte. Come può infatti il conte Guzmàn, nobile napoletano, permettere che si risappia che ha deciso di vendersi ai francesi, che una congiura mira a riportare Napoli nelle mani del duca di Guisa. E quindi per sua “colpa” Cecilia vedrà la sua famiglia sterminata e lei riuscirà miracolosamente a sfuggire agli assassini solo con l’aiuto e la copertura di Sebastiano Filieri, pittore, ex componente della famosa Compagnia della morte, che appoggiava la rivolta di Masaniello. Ma Sebastiano Filieri non ha più nulla nella vita, se non la sua pittura. Ha perso tutto, famiglia e ideali. E ora? Il segreto di Cecilia è pericoloso e la sua giovanile incoscienza e desiderio di vendetta a ogni costo, lo coinvolgeranno volente o nolente in una nuova lotta per salvare Napoli dall’invasore, ma un marinaio ammalato è sbarcato da una nave attraccata porto, la città è minacciata da un nemico più pericoloso della Francia, che se la ride degli spagnoli e del vicerè: la peste.
Eccellenti le pagine che, nel rapporto maestro-allieva, svelano in parte tanti piccoli segreti di tecniche di pittura ignote ai più. E questa sarò la grande “opera” compiuta di Sebastiano Filieri: fare di Cecilia un’allieva destinata a eccellere.
Peste
Patrizia Debicke