Grazie al Noir in Festival la redazione di MilanoNera ha avuto la possibilità di porre qualche domanda a Roberto Costantini per l’uscita del suo ultimo romanzo Da molto Lontano,Marsilio, che abbiamo recensito qui.
Ricordiamo anche che Roberto Costantini sarà ospite del Nebbiagialla Suzzara Noir Festiva che si terrà a Suzzara (mn) dal 1 al 3 febbraio 2019.
Un’edizione con 30 ospiti, di cui 6 stranieri. Tutte le informazioni qui
Da dove sbuca un personaggio come Michele Balistreri, con un passato scomodo e una famiglia “disfunzionale”?
In realtà è funzionale al racconto, mi serviva un personaggio adatto a raccontare l’Italia degli ultimi cinquanta anni attraverso dei gialli. Volevo un punto di vista non allineato alla storia ufficiale, quindi doveva essere un individuo che, per sua natura, avesse delle caratteristiche diverse da quelle tradizionali. Per cui l’adesione alla destra politica, l’essere nato all’estero, l’avere una famiglia distrutta formano l’identità di Balistreri e questi requisiti mi hanno permesso di trovare un punto di osservazione differente.
Immagini la scena, Michele Balistreri e lei assieme a un tavolo di un bar. Innanzitutto, in che anno vorrebbe incontrarlo e di cosa parlereste?
Preferirei incontrarlo da ragazzino, quando ancora si chiamava Mike. Adesso è Michele ma quando era piccolo Michelino, Mike lo è stato da adolescente. Secondo me la questione di Balistreri è in realtà banale; lui è un ragazzo che ama la famiglia e la vorrebbe unita, gli attribuisce un valore molto grande come la maggior parte degli italiani. Il trauma della sua vita è lo stesso che distrugge la sua famiglia, lo priva di ciò che desiderava e diventa la fonte dei suoi tormenti. Preferirei incontrarlo quando è più sereno perché da ragazzo ha un carattere che mi piace. Crescendo, si è allontanato dal tipo di persone con cui gradirei prendere un caffè.
Con l’età adulta è diventato così alieno a me stesso che non saprei di cosa parlare ed è anche un individuo a cui non presenterei mai mia figlia. I lettori sono sempre molto carini e simpatici con Michele Balistreri però, quando cerco di riportarli alla realtà, gli chiedo: ma se esistesse davvero, gli presenteresti tua figlia?”. A quel punto realizzano e dicono no, forse mia figlia no.
La letteratura deve essere solo intrattenimento oppure c’è di più?
Io non credo che lo scrittore abbia una missione. La letteratura deve essere semplicemente quello che lo scrittore si sente di scrivere e quello che poi i lettori hanno voglia di leggere. L’incrocio tra queste due cose, come in qualunque cosa che va sul mercato, deve trovare un equilibrio.
Dopo di che se uno è appassionato di pittura e fa dei dipinti che si vuole tenere in camera sua e basta, va benissimo ma la questione è diversa; nel senso che lo scrittore – in generale – scrive con la speranza di essere letto.
Ognuno ha il diritto di scrivere ciò che vuole e ognuno ha il diritto di leggere ciò che preferisce.
Io posso apprezzare un certo tipo di letteratura, gli altri possono avere gusti diversi. Secondo me l’Italia la si vede anche dalle differenze. Facciamo un esempio, Jussi Adler-Olsen è uno scrittore danese di gialli molto diversi da quelli di Nesbo.
Questo autore vende di più ma accade in paesi che amano i gialli con una complessità e uno sfondo sociale molto forte e che non siano solo una storia. In Italia invece vende pochissimo, perché gli italiani preferiscono trame meno connotate e amano le storie a differenza dei nordici e degli americani che preferiscono i romanzi.
Non è che amano di più personaggi rispetto alle storie?
Gli italiani sono abituati alla commedia. C’era un articolo molto bello di Antonio D’Orrico su come Somerset Maugham, quando parlava del giallo, sosteneva che ci fosse poco da ridere. Invece gli italiani nascono da Pirandello e gli piace ridere anche se nelle storie gialle ci sono pochissimi motivi per farlo.
La commedia è fatta dai personaggi, il dramma è fatto dalla storia. Il fatto che il gusto italiano sia molto legato alla commedia è anche dovuto al fatto che nel nostro cinema i maggiori successi del presente sono le commedie e non i drammi.
Tutto torna.
Non credo che lo scrittore abbia un mandato e debba occuparsi solo di cose impegnate; può scrivere quello che vuole e il pubblico ha anche il diritto di leggere quello che desidera.
Il fatto poi che si pensi che agli italiani vada bene solo un certo tipo di letteratura è una tesi un po’offensiva; è come dire che gli italiani sono degli ignoranti, ma non lo sono perché riescono a vedere e capire cose anche un po’ più complesse come quelle delle serie televisive trasmesse su piattaforme più libere e indipendenti, che non si preoccupano di fornire l’effetto politico sociale ma che pensano alla qualità dell’opera e basta.
La funzione educativa è assolta dalla famiglia e dai valori che condivide, non da ciò che viene trasmesso in televisione.
Cosa le ha fatto la linea temporale; per quale motivo sceglie sempre di renderla dinamica?
Credo che i piani temporali siano un modo diverso di raccontare la verità; il passare del tempo – a mio parere – svela la natura delle persone ma non dei fatti perché rimangono quelli che sono stati.
Io penso che, in certi casi, se uno va a rivedere venti o trenta anni dopo cosa sono diventati i protagonisti di alcune notizie di cronaca nera, vede delle differenze. Nel senso che alcuni hanno una vita assolutamente normale e altri no.
Questo conduce a dire con sicurezza chi era il colpevole?
Giuridicamente no, però la fiction ha questo potere.
Nei miei libri non scrivo di serial killer crudelissimi, i miei personaggi sono delle persone normali che ammazzano altre persone normali. Penso che chiunque uccida qualcuno non riesca più a vivere una vita normale perché un conto è farla franca con la legge, diverso invece è con la propria coscienza.
Calcio, crimine e corruzione. L’Italia è tutta qui e c’è bisogno di più persone come Mike “Africa” Balistreri?
A me dispiace quando si parla di fiction internazionali perché vogliono delle cose dell’Italia che sono fondamentalmente quelle che hanno a che fare con la malavita. Noi siamo la mafia, il Vaticano ma quello associato al male e non al bene, i Servizi Segreti, ma non quelli associati al bene. Ad esempio, perchè i Servizi Segreti italiani quando sono inseriti nelle fiction e nei romanzi sono sempre servizi deviati? Gli inglesi hanno James Bond, sembra Dio sceso in terra e i francesi hanno Le bureau – sotto copertura, una serie sugli agenti segreti d’Oltralpe che ne valorizza l’operato. I Servizi Segreti italiani sono un ente che protegge sicuramente l’Italia. Tante volte mi chiedo, se in questo paese non è successo ancora niente di simile a quanto accaduto in altri paesi, sarà anche merito di qualcuno, qualcuno che non si vede.
Noi non valorizziamo nulla. Giro il mondo per lavoro e ultimamente ero in Cina. Parlando con molte famiglie cinesi, con genitori che vogliono mandare a studiare i figli in Italia, mi raccontavano che quando vengono in visita nel nostro paese vedono Roma, Firenze, Venezia e a volte Milano. Amo Napoli perché trovo che sia una delle città più belle del mondo e chiedo: “perché non andate a Napoli?”
E loro rispondono: “no perché Napoli è quella città criminale che si vede in televisione.”
Non è vero, Napoli non è quella, assolutamente. Quello è solo un aspetto, però quella serie ha dato al mondo l’idea che sia pericolosa e violenta, per cui i turisti non ci vanno.
Allora dico, facciamo un’altra serie su Napoli, sulla parte bella, perché è bellissima. È una citta meravigliosa, che non è come quella che è stata rappresentata. Ci sono dei delinquenti, ma li trovi ovunque anche a Roma, Firenze e Milano. Le produzioni italiane purtroppo propongono sempre la parte peggiore del nostro paese oppure quella ridicola.
Italiano pizza mandolino.
Questo è un peccato. Penso che l’Italia abbia molto di più da offrire ma se non riesce prima a esprimerlo a sè stessa, è difficile che riesca a trasmetterlo agli altri.
Poi sono tutte cose che si legano.
Anche se guardiamo la storia del cinema, quando avevamo il neorealismo il paese era migliore, poi siamo passati alla commedia all’italiana che è quella che è rimasta.
Con tutto il rispetto per Checco Zalone, ma che quelli siano i film più visti in Italia negli ultimi anni ti dice qualche cosa.
Siamo stati rovinati dagli anni ’80?
Non ci hanno rovinato, c’era un disegno preciso che ha tenuto in piedi il paese nel bene o nel male ed era basato su un modello di vita e di società di un certo tipo. Ha anche dato dei frutti positivi, però non si può pensare di riuscire ad addormentare la gente, almeno non per sempre.
MilanoNera ringrazia l’organizzazione del Noir In Festival per l’opportunità e dà appuntamento a Roberto Costantini al Nebbiagialla, Suzzara (mn) 1/3 febbraio 2019