In questi ultimi mesi il Sud Africa è stato al centro dell’attenzione mediatica, e non solo, per lo svolgimento dei mondiali di calcio. Mondiali che, nelle intenzioni del governo locale, dovevano dimostrare l’affidabilità del Sud Africa post apartheid.
Ma come è abbastanza facile immaginare, non si può pensare che la vetrina proposta per i mondiali non rispecchiasse una realtà ben diversa e molto più contraddittoria. I problemi, messi provvisoriamente sotto il tappeto, finiti i mondiali sono riemersi nella loro cruda realtà. Il romanzo di Roger Smith ci porta proprio all’interno di questi. Ghetti con condizioni di vita sottozero, segregazione paragonabile a quell’apartheid scomparso sulla carta ma tutt’ora ben vivo, quartieri divisi, e contrapposti, tra bianchi neri e meticci.
Potrebbe sembrare, da quanto detto fino ad ora, di trovarsi di fronte ad un libro di geopolitica sul Sud Africa. Invece, come nella migliore tradizione del noir, possiamo leggere un romanzo che non ti lascia prendere fiato, in alcuni tratti anche piuttosto forte ( si pensi per es. alla descrizione del necklacing : modalità di linciaggio in uso nella lotta anti-apartheid nei confronti dei collaborazionisti del regime ecc.. ), che, con continui rimandi a quanto successe con la lotta di Mandela, Biko e di tutto il popolo nero, descrive senza mezze misure, attraverso le figure dei protagonisti, quanto molti non conoscono e/o stentano a credere facendo tornare alla mente la migliore tradizione letteraria del Sud Africa ( basti pensare al romanzo Soweto dei primi anni ’80 ). Rimaniamo dunque in attesa dell’edizione italiana del secondo romanzo di Smith.