Le indagini del commissario Bertè
Lungariva estate, con la pandemia che concedendo un minimo di tregua ha consentito la riapertura di alberghi e ristoranti, pur con le debite precauzione dal caso.
L’arrivo di una lettera con poche righe indirizzata a La posta del cuore, inserita nel blog con il quale collabora la Marzia, è stata recapitata in busta e carta anonima alla sua pensione Aurora di Lungariva per minacciare con un sibillino ma spaventoso annuncio: ucciderò.
La lettera è priva di firma e di ogni altra utile indicazione per individuare il mittente. E il venirlo a sapere dalla sua compagna, durante quella che avrebbe dovuto essere una lussuosa cena intima, offerta dalla proprietaria del rinomato ristorante La Bouganville con addirittura una stella Michelin, distrugge di botto per Berté l’incanto della serata, causando o al nostro ormai famoso commissario tutta una serie di paturnie. Tra queste, tanto per cominciare, un gran senso di rabbia, provocato dal fatto che la Marzia, avrebbe in qualche modo violato l’implicita regola per i poliziotti e i loro familiari di tenere sempre un profilo basso e non esporsi. Ma anche un immediato e incoercibile scatto d’ira, in parte governato dalla gelosia e da un empito di maschilismo, per il fatto che la Marzia, forse conoscendolo e temendo la sua reazione, abbia sempre evitato di informarlo di una, da anni, stretta collaborazione con la posta femminile del Blog. E ora questa drammatica confidenza piombata sul tavolo del ristorante, sarà in grado di provocare l’immediata fine della lussuosa cena facendogli persino andare di traverso il fantasmagorico elaborato, ma per Bertè ormai indigeribile, dessert. Poi, in macchina sulla strada di casa, si trasformerà nella causa di un’inevitabile frattura, fatta di musi, incomprensioni, semiaccuse e appassionate giustificazioni tra la nostra ormai inossidabile coppia di Lungariva. E subito dopo ci sarà l’immediato ritorno notturno di Bertè in questura.
Potrebbe trattarsi di uno scherzo di cattivo gusto, però… bisogna approfondire lo stesso.
Ma, ohimè, quella fatale e apparentemente strampalata missiva, rappresenterà invece una reale e mortale minaccia, coinvolgendo a breve tutta la squadra di polizia e la procura . Infatti basteranno poche ore perché, il vicequestore aggiunto Luigi Berté sia costretto ad affrontare la realtà del brutale omicidio della prima vittima annunciata.
Il verdetto del medico legale è: uccisa con un colpo sparato con un carabina di precisione di marca Sabatti . Arma molto usata nei poligoni di tiro e di solito riservata a tiratori esperti.
Il morto è un rinomato chirurgo cardiaco milanese con bella villa e frequentazione in zona. Gli si conoscono diverse scappatelle coniugali, sempre ben tollerate dalla ricchissima moglie.
Epperò , nei giorni seguenti, sempre preceduti da ulteriori, ambigue, crudeli e provocanti missive, ogni volta fatte pervenire rocambolescamente e in qualche modo alla povera Marzia, sconvolta dall’angoscia, ma ormai moralmente coinvolta mani e piedi in questa assurda follia, ci saranno altri due omicidi, sempre predetti e realizzati con identica modalità: un micidiale colpo in testa sparato a distanza con un fucile di precisione. Certo le lettere erano indirizzate a lei, la Marzia, ma il guanto di sfida è stato lanciato a Bertè.
Però, nonostante gli enigmatici avvertimenti, è stato impossibile prevenire i delitti e salvare i potenziali bersagli. E pare difficile se non impossibile, nonostante il caos portato dalla situazione, riuscire a cavare un ragno dal buco o estrapolare un possibile collegamento tra i tre defunti , mentre si tenta di arginare i superiori, gli amministratori locali e la invadente curiosità dei media. In apparenza non esistono legami tra i vedovi o fedeli compagni che pur disperati, non offrono appigli sul passato dei loro cari.
Bertè, imbufalito dalla situazione, si fa venire quasi l’ulcera, smoccola, ruggisce e giorni su giorni offre ai collaboratori e alla compagna il peggio di se stesso. La crisi con la Marzia infatti che rischia di portare il loro rapporto quasi alla rottura e la sua crisi interiore, lo rendono un personaggio più introverso, fragilizzandolo e privandolo della usuale lucidità e brillantezza. Impotente, scarta idee e ipotesi mentre si rende conto di girare a vuoto Non sapendo proprio da che parte cominciare le prova tutte anche andando a bussare alla porta della memoria legata alla letteratura americana noir, e senza ottenere neppure l’appoggio morale di Parodi, il suo paziente ed encomiabile vice, attaccandosi addirittura alla fantasia nell’azzardare strani e lontani scenari per una possibilistica ricostruzione dei fatti. Ma la soluzione esiste e potrebbe persino rivelarsi, stando ad alcune parole inserite nelle lettere minatorie, addirittura meno cervellotica del previsto.
Ancora un ciack per le “sorelle Martini” e una nuova avventura per il commissario Bertè “ stavolta talmente in lotta con la sua “ira funesta” e facile preda della sua Bastarda, da fargli quasi invocare l’aiuto degli alieni per una soluzione che non gli piace e lo costringe a riflettere. Dunque per lui non un vero e proprio successo sul campo, e tuttavia lo stesso un piacevole giallo pronto a diventare un gradito compagno di vacanza.
Dietro lo pseudonimo di Gigi Berté si nasconde un vicequestore aggiunto in carne e… coda brizzolata, che opera in un commissariato italiano. Anche dietro il nome Emilio Martini si cela qualcuno in carne e… penna: due sorelle scrittrici, Elena e Michela Martignoni, che conoscono bene il commissario, sono milanesi e frequentano da anni la Liguria. Insieme hanno scritto iromanzi storici Requiem per il giovane Borgia, Vortice d’inganni, Autunnorosso porpora e Il duca che non poteva amare, e i gialli con protagonista il commissario Berté La regina del catrame, Farfalla nera, Chiodo fisso, Doppio delitto al Miramare, Il mistero della gazza ladra, Invito a Capri con delitto, Il ritorno del Marinero, Ciak: si uccide, Il paese mormora, Il caso Mariuz, Vent’anni prima, Il botto e Sfida a Berté, oltre alle raccolte I racconti neri del commissario Berté e Talent Show.