Una vita migliore – Susan Allott



Susan Allott
Una vita migliore
HarperCollins Italia
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Isla Green è una giovane donna che vive a Londra, dopo avere passato l’infanzia a Sidney. Ha una storia di alcolismo alle spalle, un lavoro che la impegna e un rapporto sentimentale chiuso di recente. Sta cercando di uscire dalla dipendenza e di costruirsi un presente migliore. Improvvisamente – dopo anni di distanza dalla famiglia, non solo geografica – viene svegliata da una telefonata intercontinentale.
Suo padre Joe è stato accusato della sparizione  – avvenuta nel 1967 – e del presumibile omicidio di Mandy Mallory, vicina di casa dei Green nella periferia borghese di Sidney dove Isla è cresciuta. Louise, madre di Isla, è sconvolta; non ha stima del marito, che da sempre ha un’indole violenta, soprattutto quando beve: lo sospetta apertamente. Isla parte per Sidney decisa a fare chiarezza.
Quello tra i suoi genitori è stato un matrimonio infelice e il rientro in Australia diventa l’occasione per ripensare ai fatti di quel lontano 1967, in cui scomparve Mandy e accaddero altri avvenimenti non meno significativi nella vita della protagonista.
Quello fu l’anno in cui Louise, incinta per la seconda volta, decise di rientrare in Inghilterra con la figlia di soli quattro anni: una fuga in piena regola da un marito manesco e alcolista, per poi tornare pentita dopo pochi mesi, pronta a dare un’ultima chance al rapporto.
E’ anche l’anno in cui deflagra la crisi tra Mandy e Steve Mallory: lei ormai certa di non volere avere figli e di avere sposato l’uomo sbagliato, lui, sempre più depresso, anche a causa del  lavoro di poliziotto incaricato di prelevare – a nome della Tutela minori – i figli degli aborigeni  per darli in adozione – con la scusa di sottrarli a condizioni di indigenza economica e precarietà affettiva – ai bianchi di origine britannica.

Una vita migliore – giocato sul doppio piano temporale, ricco di flash back e di improvvise rivelazioni che si susseguono a mano a mano che la protagonista scava nel passato delle due coppie – ha il pregio di raccontare una pagina non commendevole della storia del Commonwealth britannico, e successivamente dell’Australia divenuta indipendente, nota come “La Generazione rubata”. 

Tra il 1919 e il 1970 gli appartenenti alla popolazione aborigena e gli abitanti delle Isole dello Stretto di Torres subirono l’allontanamento forzato dei bambini, con motivazioni apertamente razziali. Quelli con la pelle più chiara venivano inseriti in contesti britannici perché si amalgamassero con i colonizzatori bianchi, gli altri restarono affidati all’Autorità statale in Case di accoglienza ove vivevano nella più generale trascuratezza, spesso sottoposti ad abusi fisici e psicologici.
Fatti gravissimi ai danni delle popolazioni aborigene delle Prime Nazioni australiane di cui non vi è quasi traccia nei programmi di storia britannici e che oggi – in un’ottica revisionista – si comincia finalmente a condannare. 

Il libro in una citazione

“L’atmosfera è tesa, pensa, ma forse è solo una sua impressione. I suoi genitori si mantengono in due parti diverse del giardino, seguono conversazioni separate. Suo padre ha quello sguardo contrito, sua madre l’aria di volerselo togliere dai piedi. Una o due volte Isla ha sorpreso qualcuno a parlare a voce bassa, guardando verso suo padre. Smettono di parlare quando la vedono”

Sabrina Colombo

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