Sopravvissuto alla bomba atomica



Akiko Mikamo
Sopravvissuto alla bomba atomica
Newton Compton
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Il messaggio d’amore di un sopravvissuto e il potere del perdono: Japan Today

La drammatica cronaca in prima persona e in diretta dalla tragedia di Hiroshima.
La storia vera, profondamente umana e sofferta, ma priva di retorica e di odio
di un uomo, che è sopravvissuto alla bomba atomica, raccontata da sua figlia.
A 70 anni dallo scoppio della prima bomba atomica, un documento straordinario che riesce a spiegarci cosa accadde davvero quella mattina a Hiroshima.
Si parte dallo scenario di quella mattina del 6 agosto del 1945 poco prima delle otto, quando la stazione radar della città portuale, importante centro militare, verificò che non più di tre velivoli erano entrati nello spazio aereo giapponese e ridimensionò l’allarme dato in precedenza (infatti il comando giapponese per risparmiare carburante aveva deciso di non far alzare in volo i propri apparecchi per le formazioni aeree americane di piccole dimensioni). Ma stavolta i tre aeroplani americani erano i bombardieri Enola Gay, The Great Artiste e un terzo, chiamato Necessary Evil (Male necessario) che doveva documentare, con una serie di fotografie, gli effetti della bomba atomica).
Alle 08,14 e 45 secondi, l’Enola Gay sganciò “Little Boy” sul centro di Hiroshima. Il sensore altimetrico della bomba era regolato per esplodere a quota 600 metri dal suolo, dopo 43 secondi di caduta libera. Subito dopo il lancio, l’aereo fece una inversione di 178°, allontanandosi alla massima velocità possibile concessa dai 4 motori (a elica). L’esplosione, che avvenne a 580 m dal suolo con uno scoppio equivalente a 13 chilotoni, uccise sul colpo tra le 70 000 e le 80 000 persone.
Circa il 90% degli edifici fu raso al suolo e i 51 templi della città furono distrutti dall’immane forza della deflagrazione.

Dicevamo: Giappone, 6 agosto 1945. In una normale mattina di una caldissima estate a Hiroshima. Shinji Mikamo, che aveva diciannove anni, stava aiutando il padre a smontare la loro casa – che doveva essere demolita perché costruita in legno e quindi facile preda delle fiamme in caso di bombardamento nemico – quando, arrampicato sul tetto, si voltò verso destra e…ecco la sua descrizione:
«Flash! All’improvviso mi ritrovai davanti una gigantesca palla infuocata. Era almeno cinque volte più grande e dieci volte più luminosa del sole. Stava precipitando dritta contro di me, con un bagliore accecante di un giallo stranamente pallido, quasi bianco. E poi…: boom! Si propagò un rumore assordante. Fui travolto dal tuono più fragoroso che avessi mai sentito, il suono di un’esplosione cosmica. In quell’istante avvertii un dolore bruciante per tutto il corpo. Era come se qualcuno mi avesse rovesciato un secchio d’acqua bollente addosso.»
Shinji è ferito e ustionato gravemente, anche suo padre è ferito e una bomba atomica, a circa un chilometro di distanza, ha appena distrutto Hiroshima.
La miracolosa fuga (di lui e suo padre, per sfuggire allo spaventoso incendio che devastò quasi completamente quanto restava della città) oltre il ponte e poi al fiume. Poi il suo dettagliato diario: il doversi rendere conto che la guerra era perduta, nonostante che tutte le comunicazioni ufficiali continuassero a proclamare che la popolazione doveva confidare nel diritto divino del Giappone alla vittoria, il doversi dividere da suo padre per andare nell’ospedale militare e la sua successiva tragedia personale nello scoprire di aver perso una dopo l’altra tutte le persone più care: madre, padre, fratello maggiore e, cosa inimmaginabile per un giapponese a quell’epoca, essere diventato un “senza famiglia”. E il seguito, la sua vita, la meravigliosa forza di sua moglie, le figlie…
70 anni dopo sua figlia Akiko ha dato voce alla sua quasi epopea in queste pagine di drammatica autenticità. Un racconto preciso, ma sereno, senza odio, di quella immane tragedia che provocò troppe conseguenze sulla salute di Shinji Mikamoto e di tante migliaia di altri superstiti e scosse le coscienze del mondo intero.

Testimone oculare del bombardamento di Hiroshima fu il padre gesuita e futuro generale dei gesuiti Pedro Arrupe, che allora si trovava in missione in Giappone presso la comunità cattolica della città e che portò aiuto ai sopravvissuti. Riguardo al bombardamento atomico scrisse:
«Ero nella mia stanza con un altro prete alle 8:15, quando improvvisamente vedemmo una luce accecante, come un bagliore al magnesio. Non appena aprii la porta che si affacciava sulla città, sentimmo un’esplosione formidabile simile al colpo di vento di un uragano. Allo stesso tempo porte, finestre e muri precipitavano attorno a noi. Salimmo su una collina per avere una migliore vista. Da lì potemmo vedere una città in rovina: di fronte a noi c’era una Hiroshima decimata. Poiché ciò accadde mentre in tutte le cucine si stava preparando il primo pasto, le fiamme, a contatto con la corrente elettrica, entro due ore e mezza trasformarono la città intera in un’enorme vampa. Non dimenticherò mai la mia prima vista di quello che fu l’effetto della bomba atomica: un gruppo di giovani donne, di diciotto o venti anni, che si aggrappavano l’un l’altra mentre si trascinavano lungo la strada. Continuammo a cercare un qualche modo per entrare nella città, ma fu impossibile. Facemmo allora l’unica cosa che poteva essere fatta in presenza di una tale carneficina di massa: cademmo sulle nostre ginocchia e pregammo per avere una guida, poiché eravamo privi di ogni aiuto umano. L’esplosione ebbe luogo il 6 agosto. Il giorno seguente, il 7 agosto, alle cinque di mattina, prima di cominciare a prenderci cura dei feriti e seppellire i morti, celebrai Messa nella casa. In questi momenti forti uno si sente più vicino a Dio, sente più profondamente il valore dell’aiuto di Dio. In effetti ciò che ci circondava non incoraggiava la devozione per la celebrazione della Messa. La cappella, metà distrutta, era stipata di feriti che stavano sdraiati sul pavimento molto vicini l’uno all’altro mentre si contorcevano per il dolore».

L’autrice, figlia di Shinji Mikamo, Akiko Mikamo, è una psicologa, consulente per lo Stato della California. È nata in Giappone, dove ha studiato prima di trasferirsi negli Stati Uniti. L’organizzazione non-profit The World Peace and Prosperity Foundation l’ha insignita nel 2014, presso la Camera dei Lord, del premio per il “Servizio eccezionale per la pace mondiale, nazionale e internazionale”.

Patrizia Debicke

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