Tempi difficili – Les Edgerton



Les Edgerton
Tempi difficili
Elliot Edizioni
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The city of blinding lights, ecco la New York dipinta dalle note degli U2.

L’America per antonomasia, il progresso, i grattacieli, il centro di gravità di qualsiasi evento catastrofico del mondo, da un inferocito King Kong a quel meteorite che distruggerà il pianeta, tutto finisce in quell’ombelico di modernità.

E l’archetipo dell’America che si identifica nella Grande Mela è così forte e granitico da farci dimenticare quel che è l’America priva della luccicante patina che caratterizza la città che non dorme mai.

E Led Edgerton ce lo dimostra con la forza e la violenza di un Texas passato, immerso tra le sabbie mobili della Grande Depressione e che non regala nulla ai suoi abitanti, soprattutto se sono donne e giovani.

Si, perché la protagonista di questo ultimo lavoro dell’Autore di Odessa è una giovanissima donna: il termine adolescente renderebbe ben poca giustizia ad Amelia ed al suo vissuto in una America rurale e violenta che Edgerton dipinge senza mezzi toni: “bastava dare un’occhiata alle poche bottiglie dietro al bancone per capire che si trattava di un posto per ubriaconi che non fingeva di essere niente di diverso”.

Il difficoltoso districarsi tra le maglie della famiglia, prima, e del proprio uomo, poi, è la cartina al tornasole di quel che l’Autore ci propone e che meglio ci porta a comprendere il perché di quella lama che Amelia gira e rigira tra le proprie mani sin da adolescente.

Un personaggio forte nella sua tridimensionale caratterizzazione, ma soprattutto nella sua crescita personale, elemento, questo, che Edgerton riporta sulla pagina con rara e vivida crudezza.

Ma non è un libro del tutto buio: lame di luce rischiarano gli eventi e portano i colori tenui dell’acquerello in mezzo alla cupezza di quell’America alla quale stentiamo ad abituarci, assuefatti come siamo ad un’altra a differente immagine del Nuovo Continente, spesso dimentichi della sua variegata complessità.

Elliot Edizioni ci regala un prodotto di pregevole fattura, complici le attente scelte lessicali curate nella traduzione di Marco Piva, per un romanzo la cui colonna sonora non può che indirizzarsi verso i suoni del crepuscolare Nick Drake.

Giuseppe Calogiuri

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