Una famiglia quasi normale



Mattias Edvardsson
Una famiglia quasi normale
Rizzoli
Compralo su Compralo su Amazon

“Eravamo una famiglia del tutto normale. Avevamo lavori interessanti e ben pagati, una nutrita cerchia sociale, e dedicavamo il tempo libero ad attività sportive e culturali.”
Questa è la descrizione che il pastore della Chiesa svedese Adam Sandell dà della propria famiglia nelle prime pagine del romanzo. E nel primo terzo del libro è lui a raccontare la sua versione dell’accaduto, ci porta all’interno delle dinamiche di coppia e di relazione ricordando tutti gli antefatti.
Poi è la volta di Stella, la figlia, a offrire il suo punto di vista sulla vicenda, a raccontarci di come ha vissuto il suo rapporto con i genitori, con la scuola, con i ragazzi e soprattutto con la sua migliore amica, Amina.
Infine è la madre, Ulrika, avvocato di successo, a dare la propria versione dei fatti, intrecciando il suo parere professionale con quello affettivo.
L’attenzione è puntata su Stella, adolescente con un carattere non troppo facile da gestire, imputata del delitto di un giovane benestante con il quale aveva una relazione. Come la famiglia può gestire in modo efficace la questione? A quali valori può rinunciare pur di mantenere intatta l’unità del gruppo?
Il quadro che ne risulta è uno spaccato della Svezia moderna, ma non solo. L’idea di famiglia “normale” che emerge è un dato comune a tutta la nostra società. Il romanzo potrebbe essere ambientato nella piccola città di Lund come a Roma, Parigi o New York.
Tutto ruota attorno all’essenzialità dei rapporti umani, al vissuto quotidiano, all’incapacità di cogliere i segnali di malessere tra coniugi e tra genitori e figli, partendo da concetti precostituiti basati sull’apparenza e non sulla sostanza. Genitori perfetti, figli perfetti, che mai esistono nella realtà. E quando l’imperfezione diventa troppo evidente il tentativo di negarla o giustificarla o soffocarla è grande. E la famiglia un po’ alla volta diventa una prigione e una finzione dove tutto sembra procedere al meglio e dove invece si è semplicemente nascosta la polvere sotto il tappeto.
L’indagine per trovare il colpevole è non solo fisica, svolta attraverso testimonianze, ricerca di indizi, contraddizioni, ma è anche, e soprattutto, psicologica attraverso un’attenta analisi introspettiva dei protagonisti, della loro particolare visione del mondo. Il giallo processuale diventa così una scusa per riflettere su chi siamo e su come viviamo, quanto siamo sinceri con gli altri e con noi stessi.
Tanto i protagonisti quanto i caratteri secondari appaiono in una luce torbida dove quello che si vede non è quasi mai quello che è realmente e la normalità, evocata dal titolo, diventa solo un concetto vuoto, privo di contorni reali. È una maschera dietro cui si celano sentimenti variegati e dalle mille sfumature diverse. L’incapacità di accettare queste sfumature diventa ossessione, diventa problema sociale, rabbia, paura.
Seguire la vicenda di Stella è fare un viaggio dentro l’universo delle proprie emozioni, un viaggio difficile ma necessario per capire chi veramente siamo e cosa vogliamo.

Cristina Bruno

Potrebbero interessarti anche...