A volte si muore



Claudio Vergnani
A volte si muore
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“A volte si muore” di Claudio Vergnani, noir padano dall’atmosfera post-apocalittica
Dopo aver affrontato il genere horror con originalità, Claudio Vergnani si cimenta per la prima volta con il thriller. E lo fa alla sua maniera, cioè unendo all’azione – che è davvero tanta – e a una trama complessa, non banale, spunti di riflessione esistenziale e dialoghi surreali tra i protagonisti sui grandi temi della vita.
A volte si muore (Dunwich Edizioni, disponibile sia in formato cartaceo sia in formato digitale) è un viaggio di quattrocento pagine. A volerci trovare un punto di debolezza si potrebbe dire che è troppo lungo, che in alcuni punti si fatica a tenere il filo della trama delittuosa. Un’obiezione lecita, particolarmente cara ai puristi del giallo. Ma quello che per qualcuno può essere una nota negativa, per altri (compreso chi scrive) diventa un ulteriore punto di forza di questo romanzo ambientato in una città (facile immaginare Modena o un’altra città emiliana) in cui intere aree sono preda di bande criminali e di sbandati, con un clima in cui notti gelide si alternano a giorni di caldo tropicale. In A volte si muore ritroviamo Claudio e Vergy che, reduci dall’avventura de La torre delle ombre (Nero Press), hanno un unico desiderio: trovare una casa in cui starsene in pace. Ovviamente, la realtà sarà ben diversa e molto presto incontreranno sulla loro strada il Bisbiglio, un assassino misterioso e invisibile quanto crudele. Dietro di sé, il Bisbiglio lascia solo cadaveri straziati e oltraggiati; in una sorta di personale contrappasso, l’assassino elabora scenari e copioni sempre nuovi, ispirati alle colpe di cui la vittima designata si è macchiata. Ma chi è, allora, il Bisbiglio? Un giustiziere che interviene là dove la giustizia dei tribunali non arriva? Un vendicatore? Un sadico? E, soprattutto, esiste realmente? Claudio e Vergy si troveranno al centro di un campo di battaglia che contrappone da un lato bande di criminali in doppiopetto, capitanate dal ricchissimo e potentissimo Verda, e, dall’altro, quello che potrebbe essere niente più che un frutto dell’immaginazione (sogno o incubo, a seconda degli occhi di chi guarda).
Insieme a Claudio e Vergy tornano anche personaggi che i lettori di Vergnani hanno conosciuto nei lavori precedenti, dall’amica Elisabetta al nano Matthew. Ma è ovviamente intorno a loro, ai due mercenari-filosofi, che ruota la trama. Ed è forse proprio questo il terreno più fertile per chi volesse accusare il libro di prolissità: Claudio e Vergy parlano tanto, tantissimo. Tra di loro, soprattutto, ma anche con gli altri protagonisti. Dialoghi che molto spesso non sono funzionali alla trama principale, ma sono delle parentesi incastonate nel racconto in cui Vergnani ama inserire riflessioni esistenziali condite di ironia e apparente cinismo o, magari, opinioni su libri e film.
Vergnani si diverte un mondo a giocare con le regole del giallo, tanto da citarle anche all’interno di un dialogo, ma A volte si muore è soprattutto un noir molto ben riuscito, di quelli che lasciano un senso persistente di amaro in bocca. Perché, per usare le parole di Vergy, “le verità sono come le farfalle. Difficilissime da prendere e quasi sempre molto meno belle una volta catturate”.
Riprendendo la metafora del viaggio, per capire se questo libro fa per voi pensate a come amate viaggiare: se ciò che importa è arrivare il prima possibile a destinazione, allora lasciate perdere; se invece siete tra coloro che all’autostrada e ai suoi non-luoghi preferiscono le strade interne, quelle che offrono la possibilità di fare una sosta in una trattoria vera e di scambiare qualche parola con le persone del luogo, allora A volte si muore non vi deluderà.

Vania Rivalta

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