Il figlio di febbraio



Alan Parks
Il figlio di febbraio
Bompiani
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Il figlio di febbraio, la nuova indagine dell’ispettore Harry McCoy
 Non pensa di piacere, probabilmente neanche lo vuole. Ma è proprio per questo che è impossibile non lasciarsi conquistare da McCoy. Uno di quei detective per cui sbagliare e infrangere le procedure è più facile che agire correttamente e seguirle. Le sue amicizie si annidano nel mondo della droga e della prostituzione. Il suo passato è costellato di angoscia e di dolore. Per sopravvivere affoga i suoi dispiaceri nell’alcool, costretto a misurarsi quotidianamente con violenze e soprusi. Dopo il “Gennaio di sangue”, ne “Il figlio di febbraio” lo ritroviamo nella Glasgow degli anni Settanta alle prese con uno psicopatico a cui dare la caccia. Con lui i personaggi che abbiamo imparato a conoscere nel primo capitolo della saga: i colleghi, i superiori,  un vecchio flirt che potrebbe presto diventare un nuovo, irrinunciabile amore. Oltre a Steven Cooper, l’amico di sempre, oggi tra i delinquenti più temuti della città.
In questo sequel Alan Parks sacrifica in parte l’indagine centrale per concentrarsi meglio su McCoy. Ne esplora in profondità il dolore. Ricerca le ragioni del rapporto che lo lega ferocemente e fortemente a Cooper, nonostante da sempre combattano su fronti completamente opposti: un’amicizia di cui non riescono a fare a meno, per quanto possa rivelarsi deleteria per entrambi. Inquietudini che si riflettono nelle atmosfere catturate dall’autore: in una Glasgow oscura, dominata da malavitosi e pesantemente segnata dall’ascesa della droga, il bene e il male si incontrano e scontrano su un terreno privo di confini, dove tutto è bianco e tutto è nero così come niente è bianco e niente è nero. Non c’è spazio per la compassione. Non c’è tempo per la redenzione.
Una ferocia che emerge con prepotenza anche nello stile della narrazione: spietatamente realista, gioca sulla rapidità del ritmo per inchiodare il lettore fino all’ultima pagina. E lo prepara a una nuova avventura, a un marzo ancor più duro e crudele. Perché ormai McCoy ci ha già conquistati.
Giulio Oliani

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