Mazzo e rubamazzo



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Mazzo e rubamazzo

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Arieccolo! Eh ma noi l’aspettavamo a piè fermo. E come al solito non ci ha deluso. Anzi direi che stavolta con Mazzo e rubamazzo Centazzo sembra addirittura che abbia cambiato macchina, innestando una marcia in più. Insomma, La Squadra speciale minestrina in brodo, in barba agli acciacchi e agli acciacchetti vari dei suoi baldi, si fa per dire, componenti cammina a tutta birra. Dice un proverbio che non è l’occasione che fa l’uomo ladro ma la necessità. Ora qui non arriviamo al punto di scontrarci con il codice penale, ma certo senza troppa malizia si scova efficacemente il modo per aggirarlo. A fin di bene però, sia mai che i nostri inciampino sulla retta via! Ma se la strada ha troppe curve ogni tanto magari meriterebbe un ritocchino e allora…
Comunque torniamo a noi, anzi a Mazzo e rubamazzo. Per un tragico o forse sarebbe meglio dire diabolico errore dell’informatizzazione della Prefettura, le elaborazioni del mese di maggio, con tutte le gioie e dolori, compensi, pagamenti e trattenute che comportava, ohimé, sembrano essersi volatilizzate nell’aere. Risultato: da un giorno all’altro il mensile bonifico per la pensione sul conto corrente di Semolino, Kukident e Maalox non arriva più. NISBA! E, visti i ben noti tempi burocratici delle penisola. quando mai si risolverà questa “triste”solfa? I nostri tre eroi, che non appartengono all’italiano esercito dei paperon dei paperoni, privati di botto da quell’entrata sicura, hanno i bancomat scarichi e i conti indecorosamente in rosso che li cacciano presto in poco piacevoli  guai economici. Eh già, perché oltretutto la storia pare destinata ad andare per le lunghe, i risparmi che c’erano, smilzi, latitano e le ben note aperture bancarie italiane non sono certo di alcun sollievo. Insomma, da un momento all’altro Semolino Kukident e Maalox si trovano scaraventati in un fatiscente universo di indigente incertezza del quale ignoravano la nebulosa esistenza. Insomma dalla parte di quelli costretti ad arrabattarsi in qualche modo per mettere insieme il pranzo con la cena. Una temporanea indigenza sì, ma  che li costringe a darsi da fare, magari ammorbidirsi, chiudere un occhio di fronte a certi funambolici trucchi in uso ai bisognosi chi deve pur tirare a campare in qualche modo nell’ospitale pancia più squattrinata di Genova e magari accodarsi. Nel ventre molle di Genova, però, non operano solo bande di poveri diavoli o di sporchi criminali da tenere sotto controllo. Anzi proprio in quei quartieri più poveri, teatro di fragili equilibri e troppo spesso di scontri tra morti di fame, provocati anche ad arte, da tempo sono in atto strani movimenti finanziari e provocazioni. Certi ricchi pescecani vedi: costruttori, uomini d’affari, esponenti politici e sottane scarlatte che si celano anche dietro dorati fasti curiali, vivono e gravitano nello stesso campo d’azione portando avanti una grossa speculazione a ogni costo. Sia per caso che per i motivi economici che li hanno costretti a una maggior forzata frequentazione di quella zona, i nostri tre eroi, verranno a conoscenza di uno squallido piano per impadronirsi del centro storico, comprando il comprabile per poi cacciare gli occupanti, ristrutturare gli immobili e venderli a peso d’oro . I pescecani, di cui sopra, approfittando del degrado della zona, stanno facendo man bassa, coinvolgendo direttamente le banche nel cerchio delle truffe. Banche in veste di complici diretti che, spingendo i proprietari degli alloggi a investire i loro magri risparmi in obbligazioni peggio di carta straccia, li hanno messi con le spalle al muro, insomma in braghe di tela. A quel punto per quei poveracci vendere è rimasta la loro unica possibilità. Certo una simile faccenda non era passata del tutto inosservata però chi si è azzardato a denunciarli ha finito con rimetterci la pelle. Ciò nondimeno quando, don Parodi, l’economo della diocesi, viene ritrovato morto, la Procura apre un timida inchiesta. Sì, ok,  emergono diverse speculazioni immobiliari, troppe, effettuate da una società di cui fanno parte un’impresa edile persino in odore di mafia, però da lontano vigila persino il lungo braccio l’Istituto diocesano per il sostentamento del clero. Insomma parrebbe una partita persa in partenza: quattro poteri forti (mafia, politica, Chiesa e banche) contro un procuratore con una arma investigativa spuntata e tre poliziotti in pensione. Una battaglia impari. Un gigantesco nulla che sfuma nelle nebbie del perbenismo? Tre don Chisciotte che si battono contro i mulini a vento. Che per loro fortuna godono di validi, occhiuti ed efficaci “Sancho Panza” in gonnella, di un’inafferrabile spalla e presenza sempre sul campo occhio, orecchio e cervello fino, e della indefessa forza d’animo di una famiglia. Tutti per uno, risaliti dal profondo e più profondo sud per diventare dei veri genovesi e ridare coraggio, forza e voce a coloro che si vorrebbe far tacere.
Roberto Centazzo, attorno ai sette anni, decide che da grande avrebbe fatto lo scrittore. Di polizieschi. Nel frattempo inizia a specializzarsi: si laurea in Giurisprudenza, esercita la pratica forense, consegue l’abilitazione all’insegnamento e poi, per conoscere da vicino le tecniche investigative, si arruola in Polizia (attualmente è ispettore capo). Ha ideato, insieme all’amico Marco Pivari, il programma radiofonico Noir is rock, in onda su numerose emittenti italiane. I romanzi della serie «Squadra speciale Minestrina in brodo» sono stati accolti con crescente successo.

 

Patrizia Debicke

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