Kafka e il mistero del processo



Salvo Zappulla
Kafka e il mistero del processo
Melino Nerella
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Titolo emblematico per questo suo nuovo romanzo che, rifacendosi al Processo di Franz Kafka sceglie di rendere omaggio a uno dei più grandi autori del Novecento, con una bella, lunga e argomentata prefazione di Massimo Maugeri, che trova brillante spiegazione alla nascita del personaggio maledetto di Salvo Zappulla, Pedro Escobar rifacendosi alla parole del grande Pirandello: …una creatura viva in un piano di vita superiore alla volubile esistenza quotidiana. “Un romanzo esilarante, una miscela esplosiva tra Woody Allen e Stefano Benni. Un Processo surreale dove ogni cosa può accadere, persino che personaggi storici ritornino in vita per stravolgere le sorti dell’intera industria editoriale…” cita la presentazione. D’indubbia derivazione kafkiana la trama, intrigante ma volutamente grottesca, che mira a evidenziare l’incoerenza di certi meccanismi e comportamenti sociali umani generati dall’inquietudine o meglio dall’angoscia di qualcosa che muta. Un raccontare il dramma, l’ineluttabilità di quanto accade con toni volutamente fiabeschi ma chi ha dimenticato i minacciosi ma intimamente formativi significati delle favole di Grimm? Qualcosa della trama di Kafka e il mistero del processo? Il protagonista, uno scrittore siciliano indebitato, che conosceremo solo come l’autore, arriva a considerarsi semi fallito perché tartassato, svilito e respinto dal suo editore. La furia, la minacciosa ombra dell’insuccesso e la volontà di rivalsa lo trasformerà nel padre creatore, nell’inventore del suo “personaggio”, all’inizio un essere semplice, umile, rassegnato, ma che gli prende la mano, diventa maledettamente ingombrante e si trasforma in un sub protagonista maledetto, in un’entità torbida, pericolosa che dilaga portando in se i germi della distruzione. Un personaggio che insidia l’esistenza stessa del suo creatore, facendolo schernire, odiare, mettere sotto processo e lo soverchia al punto tale di farlo condannare, quasi distruggerlo. Come sempre la scrittura di Salvo Zappulla non delude. Anche stavolta, dopo la pausa fiaba/divertissement: Il pollaio dice no del 2013, la ritroviamo: netta, affilata e tagliente in un romanzo surreale, tragicomico ma che cela anche dentro di sé precisi intenti di denuncia. Una denuncia destinata ad avere un seguito? Qualche volta fa sorridere, più spesso sbalordisce e mette paura. Un finale consolatorio? Difficile se non impossibile da giudicare. Forse lascia intravedere un filo di speranza il toccante abbraccio finale tra l’autore e il suo lettore. Oppure no?

patrizia debicke

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