Andromeda – Gianluca Morozzi



Gianluca Morozzi
Andromeda
Giulio Perrone Editore
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Solo Gianluca Morozzi poteva scrivere un libro così, alla…Gianluca Morozzi. 
In Andromeda, ultima opera fresca di stampa del prolifico scrittore bolognese che s’è ritagliato a pieno merito un posto nella narrativa d’autore, il gusto per il pulp e lo splatter viene sapientemente dosato fin dall’incipit per instillare nel lettore, pagina dopo pagina e sino alla fine, la spasmodica attesa del suono di quel nome che potrebbe salvare Dimitri da una fine atroce.

“Sai come finirà questa storia?

Ti taglierò a pezzi, Dimitri.

Ecco come finirà.

Ti taglierò a pezzi perché dimostrerai, per l’ennesima volta nella tua inutile vita, di essere stupido. Di essere talmente stupido da non riuscire a fare l’unica cosa che ti salverebbe da un triste futuro da tronco umano.

Non ti ucciderò, te lo assicuro. Sarebbe troppo facile e risolutivo. Forse vorrai essere morto quando avrò finito con te. Ma non avrai questo regalo.

Però sarò leale. Ti darò una possibilità.

Dovrai scandire solo poche sillabe. E io, te lo prometto, ti lascerò libero senza farti nulla.

Riuscirai a portare a termine questa semplice missione, Dimitri?

Proviamoci, adesso che siamo soli in questa villa, io e te.

Pronuncia il mio nome, Dimitri.

Pronuncia il mio nome.”

La storia, come avete appena letto, comincia con un incipit che non dà adito a malintesi. Dimitri è stato sequestrato dal suo carnefice. Si risveglia legato a una croce di Sant’Andrea all’interno di una stanza insonorizzata di una villa isolata. Nelle mani il sequestratore tiene una motosega mentre scandisce quelle parole che sanno di condanna senza appello. Ma non sarebbe un libro alla Morozzi se il carnefice non offrisse fin da quelle prime righe la salvezza a Dimitri e un robusto indizio al lettore fin dal titolo dell’opera: Andromeda, che richiama la figura mitologica. Per punire sua madre, la bella e vanitosa Cassiopea, Andromeda venne legata da Poseidone a una roccia per finire in pasto a un mostro marino.

Morozzi, dotato di scrittura fluida e coinvolgente, a tratti ricercata ma mai pedante, nonostante l’inizio claustrofobico e da paura, alterna i pugni allo stomaco al lettore, che pure non mancano, diluendoli nell’appassionante racconto della vita del protagonista. E via via che lo conosciamo, lo conosce anche la vittima, Dimitri, a cui il nostro non si sottrae di certo tacendo dettagli importanti e personali. Anzi, ne è prodigo nello sciorinarli uno dopo l’altro. Entriamo così in casa sua e conosciamo la sua famiglia, il padre borghese professionista con buon impiego, la madre che rimpiange i tempi in cui recitava come attrice in film non certo indimenticabili, la nonna che odia il mondo, Lucrezia, la sorella bruttina ma intelligente, e lui, il nostro carnefice, capelli biondi e viso d’angelo, che ha preso tutto dalla madre.
Anni Settanta, Bologna. Lo vediamo andare a scuola, crescere, scoprire il sesso. Conosce Rocco Siderno, compagno di scuola con simpatie fasciste, abbagliato dal mito di Mussolini sbandierato a ogni piè sospinto e ultrà del Bologna. Rocco introduce il nostro in un mondo di eccessi, con feste adolescenziali dove alcol e droghe circolano senza controllo, dove il sesso diventa mercificazione del corpo della donna e supremazia del maschio rude e duro. In una di quelle feste il nostro vedrà esibita la nudità delle grandi tette di Maddalena Garattoni che da bruco s’è trasformata in qualcos’altro.
E poi ci sarà Alina, il primo vero amore con cui all’Osteria da Vito incontrerà tante volte Francesco Guccini, ma senza mai parlargli e farà la conoscenza di band giovanili alla festa dell’Unità, i Diaframma, i Despero.
E vedremo comparire l’uomo cinghiale. E poi ci sarà altro, molto altro, compreso il bel fidanzato di Lucrezia che illumina i giorni della sorella e ne colora le aspettative col suo amore.
Due vite parallele per il nostro protagonista che sperimenterà il fascino del proibito, del sesso mercificato, delle droghe. Rocco, col suo gruppo dei Cani Randagi non gli farà mancherà nulla, specie quando lo introdurrà al cospetto degli Amici dell’Osteria del Moretto e ogni freno inibitore sarà abbattuto. 
Ancora la scrittura di Morozzi:  “Comunque, nel momento in cui spostavo il bacino all’indietro, l’avevo guardata in faccia: aveva lo sguardo di una ragazza che si odia per il solo fatto di essere venuta al mondo, di essere nata, un giorno di, boh, diciotto, diciassette, sedici anni prima, di essere nata soltanto per finire nel letto di un casolare di campagna, in una finta arena, a farsi scopare in pubblico da uno sconosciuto tra le grida di To-ro!, to-ro!”
Indizi su indizi per indurre Dimitri a fare la sola cosa che potrebbe salvarlo, pronunciare il nome del suo sequestratore. Ci riuscirà? 
Il mistero sarà risolto solo a fine lettura di quest’opera adrenalinica e coinvolgente, capace di creare empatia con il lettore e che sublima ancora una volta lo stile elegante di Morizzi e restituisce il piacere di una lettura intrigante e serrata anche a chi è aduso a ben altre storie.

Roberto Mistretta

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