Generazione X

Leggere Generazione x è come farsi un bagno in un barattolo di burro d’arachidi stagionato al punto giusto.

Parte di questa affermazione potrebbe suonare come un giudizio negativo ma tale non vuole essere.
Rileggere un libro del genere, così strettamente attinente ad un’analisi sociologica di una società che è radicalmente cambiata, considerando che quella su cui lo scrittore Douglas Coupland si concentra è situata in America, significa fare un tuffo in tutti i luoghi comuni a stelle e strisce degli anni novanta che però non si ritrovano negli anni zero.

La vicenda (visionaria) raccontanta da Coupland, all’epoca esordiente, s’incentra sui tre protagonisti, Claire, Dug e Andy, che, per sfuggire ai vincoli della scelta esistenziale della risposta al “cosa sarò da grande”, scappano nel deserto californiano, vivono in tre bungalow affiancati , si mantengono con stipendi minimi per lavori che nulla hanno a che vedere con la loro formazione e atteggiamento intellettuale, tutto per essere liberi di vivere la vita senza filtri, senza orari, senza vincoli, raccontandosi storie al limite dell’assurdo, spesso ambientate su pianeti diversi, che vorrebbero fungere da “fabulae alla Esopo” per loro e per noi.

Americanità allo stato puro, condizioni esistenziali ridotte al minimo, estremamente ragionate ma nel contempo desiderose di vita bohemièn, designano un mondo, quello dei nineties, votato agli status symbol, alla vittoria degli yuppies sugli hippies, alla multifamiliare e al mutuo eterno.
Lavoro, pullover, feste natalizie fatte di grandi tavolate e tacchini ruspanti sono qui messe alla berlina da una generazione che non riesce a prendere forma per paura di rimanerci incastrata per sempre.

Con un linguaggio fluido, vincende ingegnose e spesso divertenti, Coupland ha scritto un cult, imperdibile per chi agli anni novanta è sopravvissuto, necessario per confrontarsi per chi degli anni novanta non ha fatto in tempo a vederne l’importanza per il momento di rottura col passato di cui si sono fatti testimoni.

Centri commericali, spiritosaggini e inventiva alla Vonnegut, consumismo malato di stampo warholiano e abilità nel saper comunicare un disagio (quello giovanile) senza agustiare, fanno riflettere e sorridere di un sorriso sbilenco, nel cui candore si potrebbee vedere non solo il bianco così pop delle stelle della bandiera americana, ma anche quello di un foglio che, per i dopo-generazione x, è da riscrivere.

angelica scardigno

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