Sono una di quelli che a Genova non c’era, non perché l’aria che si respirava prima della manifestazione fosse troppo pesante per correre il rischio, ma perché altri impegni mi avevano impedito di esserci. L’aria pesante però c’era, eccome. Giornali e telegiornali avevano aiutato a scaldare gli animi, tutti erano pronti al peggio e puntualmente il peggio è arrivato. O almeno, quello che credevamo fosse il peggio. Ricordo lo sgomento con cui ho seguito i servizi dei telegiornali della sera, facendo zapping da un canale all’altro, incredula e le telefonate degli amici. Nessuno aveva immaginato tanto. E poi, quando si pensava che fosse finita, che non avremmo dovuto assistere ad altri eventi indegni di un paese civile, ecco che scatta l’incursione alla Diaz. Il peggio del peggio.
Assalto alla Diaz è una ricostruzione degli eventi di quella notte fatta attraverso le testimonianze delle vittime e degli imputati, ma soprattutto è un tentativo di offrire una sintesi dell’allucinante vicenda giudiziaria che si è conclusa il 5 novembre 2008 con una sentenza che ha lasciato sgomenti. Il punto di vista della Mammano è quello di un poliziotto “dalla parte giusta”, che si interroga sul come e il perché sia potuta succedere una cosa del genere e scava negli atti del processo alla ricerca di risposte che purtroppo è impossibile trovare.
Parlare di questo libro non è facile. Mi dico che forse dovrei evidenziare con enfasi l’enorme lavoro documentario compiuto dall’autrice, che ha studiato scrupolosamente gli atti e selezionato per noi quelle testimonianze, commenti dei PM, stralci della sentenza, che potessero mettere in evidenza con la maggiore chiarezza possibile le incongruenze e le omissioni. Sono anche consapevole di dover sottolineare l’importanza di questo libro nel dibattito sulla storia di quei giorni e più in generale sul ruolo delle istituzioni, sul confronto tra Stato e cittadini, sul diritto al dissenso, sullo stato di diritto. Ma queste sono solo le motivazioni razionali per cui la lettura di questo libro è praticamente obbligatoria. Ancora più forti sono, a mio parere, le motivazioni emotive. Assalto alla Diaz non è infatti solo un saggio esaustivo e ben documentato sul processo, ma un vero e proprio pugno nello stomaco, che arriva subito, già dal prologo. Arrivati a pagina 22, a denti serrati, si legge la prima dichiarazione sconcertante: “Il dato più significativo che ha impedito di costituire gli elementi di prova in giudizio è stato il rifiuto, da parte di quasi tutti gli imputati, di sottoporsi all’esame incrociato di accusa e difesa. (…) Benché per legge sia un diritto dell’imputato scegliere il silenzio di fronte alle domande della pubblica accusa durante il processo, rimane un problema di ordine etico: può un pubblico ufficiale, un funzionario dei più alti vertici dello Stato, adottare un simile comportamento processuale?”. E ancora, a pagina 69, relativamente ad un poliziotto che ha simulato un atto sessuale davanti ad una ragazza stesa a terra e ferita: “Una persona che si tocca la patta e muove il bacin davanti ad una ragazza a terra sanguinante è uno che in guerra stupra. Il motore è l’odio”. E avanti così.
Un’ultima nota riguarda il coraggio di Simona Mammano, che con questo libro si è esposta personalmente in maniera fortissima. Enrico Zucca, il pubblico ministero del processo alla Diaz, ha aperto la sua requisitoria sottolineando che i processi ai poliziotti sono molto difficili, tanto da essere accomunabili a quelli per associazione mafiosa, in quanto a omertà, coperture e impenetrabilità. L’esito del processo non fa che rafforzare questa sensazione, ma sapere che ci sono persone come la Mammano, disposte a sfidare questa forma di deviata solidarietà di gruppo, ci fa sentire un po’ più al sicuro.