Chiodo fisso



Emilio Martini
Chiodo fisso
Corbaccio
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Arriva l’inverno anche per il commissario Berté. Con “Chiodo fisso”, ultimo libro del misterioso Emilio Martini, il simpatico poliziotto con la coda gioca in casa. Dopo le prime indagini ambientate in Liguria, nel paese di Lungariva, questa nuova storia ha come scenario Milano. Una Milano nera, con molti palazzi e tanto cemento, ma anche una Milano nostalgica, quella delle panchine e degli incontri, dei quartieri delimitati non solo dalle strade ma anche dall’aggregazione sociale. Berté decide di passare le ferie nel capoluogo lombardo, non va alle Maldive o a nuotare nel Mar Rosso. No, il nostro commissario vuole immergersi nel traffico e nello smog, vuole ritrovare le sue abitudini, dormire nel suo appartamento. Ma il Berté non riesce a stare lontano dai guai. Neanche a farlo apposta incappa nel cadavere di un suo vecchio amico, Valerio Brivio detto lo Svedese, pugnalato nella sua galleria d’arte. Benché in ferie, Gigi non può esimersi dall’intraprendere un’indagine privata. Un percorso che lo porta non solo sulle tracce dell’assassino, ma anche a fare i conti con il proprio passato, con il vecchio Gigi, il ragazzo delle panchine. E per fuggire alla rabbia degli ammazzati, per fare luce dentro di sé, il nostro eroe si getta anima e corpo nella scrittura. E anche in questo caso c’è un racconto che scorre parallelo all’indagine del commissario. “Maledetto Soloski”, questo è il titolo della novella, parla di un’ossessione. L’ossessione di un uomo qualunque, di un Signor Nessuno, per lo sconosciuto pittore Soloski. E questa passione violenta, incomprensibile, irrazionale, spinge il protagonista del racconto ai gesti più efferati. Anche Gigi dovrà fare i conti con un assassino insospettabile, divorato dal demone dell’ossessione.

In questo terzo romanzo Emilio Martini conferma le sue doti di narratore, questa volta cimentandosi con un’ambientazione metropolitana. La trama gialla è ben congegnata, il ritmo serrato, la prosa asciutta e curata. Il personaggio Berté si caratterizza ancora più nitidamente, con la sua passione per la scrittura, la sua incazzosità “a caldo”, il suo debole per le belle donne e la sua avversione per il fitness modaiolo.

Berté piace perché piacciono le sue contraddizioni (quando è a Lungariva rimpiange Milano, salvo poi fare il contrario appena arriva in Lombardia) e anche le sue debolezze (si strugge per la dolcezza della locandiera Marzia, ma cede agli assalti della carnale Patty, la sua ex).

Si conferma anche l’occhio attento di Martini alle tematiche più attuali, all’equilibrio precario in cui siamo immersi. Un equilibrio che facilmente si può rompere per scivolare nella psicosi. Il merito dell’Autore è proprio la capacità di toccare i nervi scoperti del tessuto sociale, senza però far sussultare il lettore. Il pregio di questa lettura è la leggerezza, come quella degli haiku che tanto appassionano il nostro commissario Berté.

LUCA FILIPPI

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