Rosso totale



Fabio Calenda
Rosso totale
Laurana
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Due ragazzi, due rivoluzionari degli anni Settanta. Patrizia e Michele. Vengono da mondi diversi, ma un collante chiamato politica li unisce, anzi li appiccica uno con l’altro a un muro da cui staccarsi diventa progressivamente più difficile. C’è l’organizzazione extraparlamentare di sinistra, la struttura gerarchica che la rappresenta è qualcosa che stona, ma che al momento non riesce a venire a galla nel suo vero significato. Poi ci sono le azioni. La polizia, i fermi, le perquisizioni. Gli arresti. E giù in corsa libera verso l’Inferno. Il gioco diventa incubo. Ci saranno “corpi in terra senza più calore”, per dirla a la Battiato. Scorrono gli anni di piombo. Poi un salto fino ai giorni nostri. Chi è sopravvissuto a cosa?

Rosso totale di Fabio Calenda è un romanzo a due facce. Una narrazione più attenta alla meticolosa ricostruzione dei fatti storici (che nel corso della lettura si fa un po’ pedante) che all’intreccio della storia in sé ha l’effetto di sacrificare il “rosso” del racconto a favore di una formale correttezza in odor di cronaca. Taglio ormai tipico questo degli autori italiani che, più che a lavorare di fatica nel creare dal niente una storia e piazzarla in un definito passato, sono eccessivamente impauriti nel non riuscire a restituire l’odore di quei tempi. Via quindi a un’impronta storico-enciclopedica di cosa fu l’Italia che presto però rivela tutto il suo effetto da figurina incollata sull’album degli anni ‘70.

Calenda, va ammesso, ne è toccato solo un po’ a latere. Però poi si appoggia al sesso, mezzo narrativo ritenuto infallibile (ancora?!?) nel far da ragù. E così il suo insistere, il soffermarsi di continuo sul corpo della ragazza alla lunga diventa arma spuntata per la sua prevedibilità e si trasforma in qualcosa che a buona ragione può essere chiamato conformismo.

L’autore invece convince quando guarda dentro i suoi giovani protagonisti. La scrittura si fa più calda nelle pagine in cui entrano in ballo logiche ed equilibri famigliari. Quei rivoluzionari sono e resteranno sempre persone vulnerabili, ferite da una vita che li ha già ammaccati dentro, anche se a prima vista avrebbero tutto per goderne. Inermi davanti alle proprie imperfezioni, procedono come un elastico che prima o poi perde la spinta propulsiva. E allora tocca reagire. Le trentacinque pagine dell’epilogo dicono come. E sono indiscutibilmente le più belle dell’intero romanzo.

Corrado Ori Tanzi

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