La cornice storica che dal colpo di stato dei primi anni Cinquanta in Iran conduce a quadri femminili privati del riconoscimento identitario, fa del romanzo di Parsipur non soltanto la premessa alla pellicola omonima – cui valso il Leone dArgento alla regista e video artista iraniana Shirin Neshat – ma lopportunit di risanare in prosa visiva ferite e cattivit epocali.
La struttura per episodi dietro cui il lettore osserva e partecipa, secondo la regola primaria del vissuto riconoscibile o, allopposto, del rifiuto di ci che per epoche e genere potrebbe cascargli addosso come alieno, predispone alla conciliazione simbolica in cui le storie trovano sfogo in un rifugio comune.
Lalbero della verginit di Mahdokht, che decide di piantarsi a terra perch solo ci che puro dia frutto, getta radici l dove il ritrovo delle donne senza giudizio miracolo surreale e rinascita. Farrokhlaqa, dopo la permanenza infelice accanto a un marito ignaro, ritrova nello stesso giardino a Karaj il talento di una scrittura prima disabitata. Come quello islamico, festa dellozio e della pacificazione interiore, il cerchio verde di questo Eden nutrimento per sola voce femminile.
Sa accogliere una come Faizeh, sposa mancata e colpevole di aver iniettato sangue negli occhi di Amir per limpurit sospetta della sorella Munes, punita con la morte; fa risvegliare questultima come interprete del pensiero e accetta la pelle segnata della prostituta Zarrinkolah ossessionata da uomini senza volto.
La rivoluzione allora di un gruppo di combattenti al riparo dellimmaginifico, comerano gli sfondi letterari per le allieve di Azar Nafisi in Leggere Lolita a Teheran e come qui si trascina in fuga dalluniverso maschile che tutto opprime.
La sensualit mummificata da silenzi indotti, dallignoranza beffata dai dogmi che fanno continuamente incespicare il piacere fino a nasconderlo, rende possibile lo squarcio solo nella dimensione in cui non si ha neppure bisogno di vestirsi.
Dove gli echi non sono sirene e violenze di scontri, n esclusivamente terre di esuli, ma pure vocazioni libere di esprimersi. Il giardino di Parsipur un fluire lecito di fantasie, volont corrisposte, “desiderio che si fa follia” e liberazione della carne per una felicit che scavalca le fusioni criminali di culto e politica.
Si combatte un esilio reale con la coralit potente di margini aperti perch essenzialmente lirici. Le radici continuano a espandersi e il grembo condiviso vigila sui nuovi semi: la pagina di una riflessione salita al cielo con il fumo delle vite.