Fine di una dinastia, terzo e conclusivo capitolo della saga dei Borgia, parte subito dopo il brutale assassinio notturno del figlio di Alessandro VI, Juan Borgia, da lui sempre privilegiato, addirittura nominato Gonfaloniere della Chiesa a capo dell’esercito pontificio e votato a grandi orizzonti, nonostante la sua manifesta incapacità. Il papa, distrutto dalla terribile perdita e in preda alla disperazione, si chiuderà per giorni nelle sue stanze. Ne uscirà come un uomo diverso: insicuro, astioso, sospettoso e livoroso.
Tutta Roma cerca l’assassino o gli assassini, mille sospetti ottenebrano la sua mente, ma se non si vuole lasciare agio ai numerosissimi nemici della odiata famiglia pontificale spagnola di farsi largo, o peggio adire a una rivolta approfittando dell’attuale debolezza dei Borgia, bisogna agire con pugno di ferro e prendere subito in mano la situazione.
E’ scoccata l’ora di Cesare Borgia, il bello forte e ombroso primogenito di Rodrigo Borgia e Vannozza Cattaneo, cresciuto ed educato a essere un guerriero, ma poi destinato per ragion di stato dal padre papa a farsi cardinale e diplomatico. Lui per anni costretto a reprimere la sua forza, l’astuzia, l’intelligenza e la volontà di battersi dentro una mai desiderata e aborrita tonaca scarlatta. Ora si sente solo, pieno di rabbia e voglia di farsi valere, pronto a imporsi con la violenza e il terrore a Roma, per ristabilire la calma tra i riottosi alleati, forse già pronti a tradire, e mettersi alla testa dell’esercito pontificio per combattere e conquistare un grande regno e meglio l’Italia tutta per la gloria del papa, della Chiesa, ma e soprattutto per se stesso. Buttato alle ortiche il suo rango di cardinale come un serpente muta la sua pelle, in un lampo si trasformerà in Cesare Borgia, nel conquistatore, nel principe, in quell’ indomabile condottiero che aveva sempre voluto rappresentare.
L’ultimo drammatico atto sta per cominciare.
Con l’inattesa morte di Carlo VIII, (per uno stupido incidente) al quale sul trono di Francia è succeduto il secondo cugino Luigi XII, che mira alla gloria e sogna di scendere in Italia per conquistare Milano -sulla quale sa di poter vantare diritti come discendente diretto di Valentina Visconti – per poi arrivare fino a impadronirsi di Napoli. Ma la salita al trono di Luigi XII, che desidera l’annullamento del suo matrimonio con la cugina, figlia di Luigi XI, storpia e incapace di avere figli, giova alla causa del pontificato e soprattutto a quella di Cesare Borgia.
Orchestrando un repentino cambio di accordi – accompagnati da molto onerosi vantaggi economici tutti a carico del re francese, quali una ricchissima prebenda in oro, un ducato d’Oltralpe, una moglie, la principessa Luisa sorella del re di Navarra per Cesare Borgia e la promessa di una concreta alleanza militare – , il papa libererà Luigi XII, il nuovo giovane e aitante sovrano francese, dai precedenti vincoli matrimoniali.
Tutti gli equilibri politici della penisola stanno per cambiare mentre assistiamo alla grande e almeno pare quasi incontrollabile trasfigurazione e ascesa di Cesare Borgia e la sua inarrestabile evoluzione nel crudele e temibile condottiero narrato dai posteri. Infatti, indossata la pesante armatura di comandante, accompagnata dalla carica di Gonfaloniere della Chiesa, il vero io di Cesare esplode, lasciando spazio soltanto alla sua sconfinata e pericolosa ambizione.
Se nel primo capitolo della saga l’avevamo accompagnato nell’adolescenza e prima giovinezza, e nel secondo avevamo assistito alle sue sregolatezze e difficoltà di adattamento al ruolo impostogli, ora non ha più freni e controlli. Ormai è totalmente libero di esibire il peggio di se stesso. Quel se stesso che finirà con provocare gravissime incomprensioni, scontri e infine una quasi insanabile frattura con Lucrezia sua sorella, e un cedevole e timoroso sbigottimento di Rodrigo nei suoi confronti.
Un perverso ritratto che ci restituisce un Cesare violento, un ambizioso senza limiti, prepotente, deciso a tutto, temerario al limite della follia. Quasi un essere demoniaco senza alcun freno e scevro di ogni e qualunque pietà. Solo un orrendo e crudele barbaro assetato di gloria e sangue.
La sua nuova natura che, partita dalla torture su suo ordine nelle segrete di Castel Sant’Angelo, passata immune dalla mollezza del lusso vaticano, fino a raggiungere la morte e la distruzione nei più cruenti scontri nei campi di battaglia e a superare con efferatezza pericolose congiure, lo spingerà a imboccare la sua lunga e fatale calata verso gli inferi.
Alex Connor prova a estrarre un minimo di umanità dalle distruttive macerie di Cesare nel narrare il suo rapporto da sindrome di Stoccolma con Taddea di Becco (personaggio solo di fantasia) che ci presenta come cugina del grande Pinturicchio, l’incomparabile pintor, l’ artista dell’appartamento Borgia in Vaticano e nel rapporto molto sofferto e contrastato con Lucrezia, imprigionata nel suo breve sofferto matrimonio con il bel principe aragonese. Interpreta Alessandro VI più in veste di padre che di pontefice, descrive la forse comprensibile debolezza di Jofrè, il figlio minore e la lunga e infinita devozione del carnefice Michele Corella. Un deux ex machina o una vittima del contesto epocale?
La Connor non si risparmia facendo salire in scena i tanti grandi protagonisti e comprimari di quell’epoca quali il volpino, brillante e scaltro uomo politico fiorentino Niccolò Macchiavelli, il cardinale Giuliano della Rovere, futuro Giulio II e la grande, battagliera e indimenticabile Caterina Sforza, signora di Forlì. Sconfitta ma non doma. E tanti altri a far da ala al suo torbido e inquieto eroe.
E come sempre, impossibile dubitare, ben ricostruiti e calibrati gli scenari, le ambientazioni, puntuali i dialoghi e centrati e quasi palpabili i personaggi nel bene e nel male, per una storia che intriga e coinvolge il lettore fino all’ultima pagina.
Fine di una dinastia. La saga dei Borgia – Alex Connor
Patrizia Debicke