Edoardo Montolli

Il libro (di un altro) che avresti voluto scrivere e il libro (tuo) che NON avresti voluto scrivere
Il libro che avrei voluto scrivere è, come spesso dico, il conte di montecristo di Alexandre Dumas. Quanto ai miei, be’ per ora ne ho scritti tre, due romanzi e un libro inchiesta, più qualche libro per le edicole. E vanno bene. Forse riscriverei un racconto apparso ne “La donna nel ritratto”, antologia di Addictions. A tanti anni di distanza, non riconosco lo stile. In più c’era un piccolo errore.

Sei uno scrittore di genere o scrittore toutcourt, perché?
Ho scritto un po’ per tutti i giornali, dal Foglio a Cronaca Vera, dal Corriere a Gioia, Anna, Maxim, L’Europeo, maschili e femminili, giornali d’opinione ed economia, adattandomi allo stile di volta in volta necessario. Libri inchiesta e romanzi. Forse la differenza con altri nel buttarsi in questo “genere”, è che in questo genere, la nera, ci vivo da anni. Gran parte di questi personaggi, improbabili e strani, li ho conosciuti. Non avendo mai vissuto differenze tra pubblico e privato, fino a quando non è nato mio figlio, la mia vita, giorno e notte somiglia molto a quella del protagonista (eccezion fatta per l’alcol, visto che sono astemio): scrivo quello che mi capita, romanzandolo. Con i miei pensieri, i miei maledetti dubbi. Come se ogni libro fosse una ricerca. Di me stesso. Per questo non credo che, almeno per me, il thriller sia un genere. Poi, una mia convinzione, del tutto personale: credo che i generi esistano per i librai. Il resto sono libri buoni e libri non buoni.

Un sempreverde da tenere sul comodino, una canzone da ascoltare sempre, un film da riguardare.
I libri di Chase, le canzoni di De Andrè e Busaglione, quelle della mala e delle osterie. Il film, se devo sceglierne uno solo, Regalo di Natale di Pupi Avati.

Si può vivere di sola scrittura oggi?
A parte rare eccezioni no. Non in Italia almeno.

5) Favorevole o contrario alle scuole di scrittura creativa? Perchè?
Vedi sopra. Credo che queste scuole siano utili agli scrittori che tentano di campare solo di quello. Tecnicamente puoi insegnare a tutti a giocare a pallone. Ma il talento, bruciato o meno che sia, uno ce l’ha già. Anzi, se lo incateni in una gabbia, la gabbia dell’insegnamento, è più facile che si perda. Come fai a insegnare a Rivera la visione di gioco? A Van Basten un tocco smarcante, a Maradona qualsiasi cosa che abbia a che fare con una sfera? Se così non fosse, ci sarebbbeo le liste di disoccupazione dei giornalisti vuote. E saremmo pieni di scrittori.

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