Il pressappoco

Che la perfezione non esiste lo sanno tutti. Ma che appartenere alla categoria dei “pressappochisti” possa essere un pregio è convinzione di pochi. In uno stile semplice e fresco, Luciano De Crescenzo ne spiega i motivi nel suo saggio Il Pressappoco. Non è un elogio della superficialità, piuttosto un invito a fidarsi del dubbio preventivo, quello che sa che prima di emettere un giudizio bisognerebbe attendere.

“Il pressappoco è una filosofia di vita, un modo di essere, un punto di vista sul mondo” spiega l’autore. “Amare il pressappoco significa diffidare dei dogmi di ogni genere, provare a mettersi nei panni degli altri, cambiare opinione quando merita. Significa preferire la primavera all’estate, il caso al destino, l’ironia alla comicità”.

Oggi, però, il pressappoco è considerato un peccato da quasi tutti i popoli occidentali e in particolare dagli americani. Negli Stati Uniti un lavoro eseguito con una certa approssimazione viene giudicato al pari di un crimine. Eppure, chi ama il pressappoco è quasi sempre una brava persona, più disposta ad ascoltare che a parlare. In un momento in cui i fondamentalismi globali mettono a rischio tutte le certezze e ci si batte per affermare con violenza il proprio credo, il saggio di De Crescenzo è un invito alla riflessione sui principali nemici del pressappoco: i religiosi, i politici, gli innamorati e i tifosi di calcio.

Se oggi il mondo corre dei pericoli è solo per colpa dei religiosi. Un tempo c’erano le crociate, oggi basta pensare al conflitto tra israeliani e palestinesi. Si combatte in nome di Dio; tutti i popoli credono in Dio: a nessuno viene in mente, però, che se un Dio esiste è lo stesso sotto nomi differenti. L’assolutismo dei politici è semplice: a loro piace comandare, con o senza amici, possibilmente con un folto gruppo di nemici. Pur di poter gestire il potere sono disposti a scendere a qualsiasi bassezza, eliminando ogni idea diversa dalla loro. Paragonati ai politici, gli innamorati non raggiungono mai i loro livelli, anche se “spesso e volentieri finiscono col perdere il lume della ragione”. Si dice che l’amore renda ciechi, “a volte, però, diciamo la verità: rende anche stupidi”. E infine ci sono i tifosi: basta andare in un qualsiasi stadio di calcio durante un derby per rendersi conto di come sia fatto un tifoso. Basta pensare ai numerosi scontri, alle violenze. Ma, a volte, basta molto di meno. “Il vero tifoso lo si riconosce da come legge il giornale” scrive l’autore. “Guarda solo gli articoli che parlano della sua squadra e ignora qualsiasi altra notizia, fosse anche quella della morte di un grande atleta appartenente a un’altra disciplina”.

Contro i pericoli dell’assolutismo De Crescenzo ci lascia un consiglio: “la storia del mondo altro non è che lo scontro continuo di una linea retta con una linea curva, la prima in quanto immagine di un assoluto e la seconda in quanto simbolo della flessibilità. La curva, però, proprio per la sua disponibilità a cambiare direzione, è la più adatta a venire incontro alle difficoltà esterne”.

Per dirla alla De Crescenzo, è “pressappoco” un bel libro, ricco di battute, ricordi e punti di vista. Divertente e impegantivo al tempo stesso, il saggio non offre risposte già confezionate al lettore, ma suscita la sua curiosità per portarlo a trovare da solo le vie di sopravvivenza nella società dell’eccesso. Adatto a chi vuole ridere e vivere senza troppi drammi, a chi sa che si può sempre cambiare idea senza rinunciare all’etica.

Perché questo, in fondo, è il regno del quasi.

(da TGcom)

Concetta Desando

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