Casi Freddi



a cura di Mauro Zola (AA.VV.)
Casi Freddi
Cairo Editore
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Alcuni fra i più importanti e noti professionisti legati al mondo della criminologia (investigatori, psichiatri, giornalisti) si sono dati appuntamento su questa antologia di racconti a cura di Mauro Zola, già direttore di Noir Magazine, recentemente pubblicata da Cairo Editore. Le storie qui raccontate sono accomunate tra loro dal fatto di essere, come si evince già dal titolo, dei “cold case”, (da tradurre quindi in italiano con il molto meno evocativo “casi freddi”), ovvero crimini avvenuti in passato ma che, per via della scarsità di indizi e prove, non hanno trovato una soluzione certa, anche al di là delle talvolta definitive sentenze della magistratura.

Oggi, grazie al progresso della scienza e delle tecniche applicabili alla criminalistica, la scienza che si occupa dello studio fisico delle tracce (il lavoro dei RIS, per intenderci), è possibile riaprire alcuni di questi casi e, con il giusto mix di abilità scientifica e fortuna (le tracce devono essere infatti state repertate e conservate correttamente), talvolta è possibile dare un nome ed un volto ai colpevoli a distanza di anni, grazie per esempio alla prova del DNA, che solo vent’anni fa sembrava pura fantascienza. Basti pensare ad esempio al mistero legato all’omicidio di Simonetta Cesaroni, un caso rimasto insoluto le cui indagini pare abbiano recentemente trovato nuova linfa grazie proprio alle tracce biologiche rinvenute sulla scena del crimine, e analizzate nuovamente a distanza di anni.

Tornando a “Casi Freddi”, i racconti contenuti in questa antologia vengono affrontati dai loro autori con un approccio decisamente eterogeneo: si va, per esempio, da quello squisitamente tecnico della giornalista Cristiana Lodi, che mette in evidenza tutte le lacune in fase investigativa che hanno accompagnato la triste vicenda dei fratellini di Gravina, alla narrazione da diversi punti di vista scelta dal direttore dell’Ospedale Psichiatrico giudiziario di Aversa, Adolfo Ferraro, per narrare la storia di Luciano Luberti, il cosiddetto “Boia di Albenga”, prima spietato membro delle SS italiane e poi legato, nel Dopoguerra, all’eversione di estrema destra.

Il direttore della Scientifica, già importante dirigente dell’UACV (Unità per l’analisi del crimine violento) Alberto Intini opta invece per un racconto di pura fiction, per dimostrare come le nuove tecniche di investigazione, in questo caso la bloodstain pattern analysis (il calcolo matematico e computerizzato delle traiettorie degli schizzi di sangue all’interno di una scena del crimine) possano a distanza di anni dare nuovo impulso all’attività investigativa; in un altro racconto, il sempre elegante e preciso colonnello del RIS di Parma Luciano Garofano, spiega invece con il suo approccio meticoloso ed analitico come oggi sarebbe stato facile far luce sull’omicidio compiuto dai coniugi Bebawi negli anni Sessanta.

Più in generale, tutti i racconti sono scritti egregiamente e soprattutto con competenza: se il lettore è un amante del genere, verranno letteralmente divorati nel giro di poche ore. Tra tutte le storie spicca comunque quella che narra l’efferato omicidio di Elizabeth Short, la “Black Dahlia”, un caso misterioso e“affascinante” (per quanto può esserlo un omicidio) già trasportato nella leggenda della fiction noir grazie all’omonimo libro di James Ellroy, e qui analizzato con la consueta lucidità e competenza dal criminologo Massimo Picozzi. Basandosi su diversi studi compiuti negli States, Picozzi ipotizza infatti un legame tra questo omicidio ed il particolare approccio artistico ed estetico promulgato dall’avanguardia surrealista: il colpevole andrebbe quindi ricercato tra i maggiori esponenti di questa avanguardia artistica. Una tesi verosimile quanto inquietante, esposta da Picozzi con un ritmo incalzante.

Da segnalare infine il racconto di Jessica Ochs, giovane criminologa coordinatrice del Centro di Ricerca sul Crimine dell’Università di Castellanza (Va), che evidenzia tutti i dubbi lasciati dalla sentenza per il terribile omicidio di tre bambini avvenuto nel 1993 in Arkansas, e che ha probabilmente condannato tre persone innocenti: un caso, questo, narrato con un sorprendente e ben riuscito mix di fiction e puro, terrificante approccio true crime.

Fabio Spaterna

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