Gli adepti



Ingar Johnsrud
Gli adepti
Einaudi
Compralo su Compralo su Amazon

Ci sono ricascato: per la seconda volta nel giro di poco tempo ho acquistato un noir spinto dalla fascetta. Tirava in ballo Nesbo: impossibile per me resistere alle tentazioni. Ma “Gli Adepti”, esordio norvegese di Ingar Johnsrud, bella copertina (che non guasta) e pubblicità sulla prima di “Repubblica”, tradisce le attese. Almeno le mie. Almeno in parte. Einaudi cerca di sfruttare il momento favorevole del crime scandinavo: il traino è così assicurato. Il resto no. Perché Nesbo, lo chiariamo subito, non c’entra nulla. Soltanto una furbizia dello Struzzo. Se fosse una canzone, potrebbe essere “Days Are Forgotten” dei Kasabian: inizia in un modo, procede in un altro e le parole, soprattutto nel ritornello, sono storpiate. Qui si racconta di una setta religiosa i cui adepti vengono per metà massacrati, per metà fatti sparire. Tra di essi c’è anche la figlia di un’esponente del governo, che dà il via alle indagini. Se ne occupano in tantissimi: i protagonisti dovrebbero essere un ispettore claudicante che va a letto con l’ex moglie e una sensuale collega musulmana, ma la squadra è composta da diversi altri. C’è già troppa confusione per i miei gusti. Troppi personaggi, troppi investigatori appunto, difficili da ricordare anche perché dal nome impronunciabile. Il risultato è che ci si perde in un labirinto che conduce fino ai tempi del nazismo, passando per micidiali esplosioni e il tentativo di diffondere virus letali. A tre quarti del libro ero ancora disorientato: di tanto in tanto sbirciavo indietro alla ricerca disperata di qualche particolare chiarificatore, magari perduto per disattenzione. Ho proceduto testardo fino a pagina 500 aspettando il momento fatidico, quel passaggio che all’improvviso avrebbe reso tutto finalmente comprensibile, così che agli amici avrei potuto dire: Johnsrud è un genio! Non gliel’ho detto.

Alessandro Garavaldi

Potrebbero interessarti anche...

Fhn