Il dossier Wuhan – Qiu Xiaolong



Qiu Xiaolong
Il dossier Wuhan
Marsilio
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Ancor prima che arrivasse l’ondata pandemica in Italia, i media del nostro paese mostravano le immagini dolorose e terribili di quello che succedeva a Wuhan. E la cosa che più colpiva di quei fragili frammenti di vita erano le voci di chi, costretto in casa dal virus, urlava dal proprio balcone o dalla propria finestra: Resisti Wuhan. In quella esortazione c’era tutta la speranza, la forza, la determinazione e il coraggio di un popolo e di una città che per primi al mondo si erano ritrovati a combattere un nemico pericolosissimo e ancora sconosciuto. 

Di quel sentiment, di quella gente, di quella Cina parla e racconta in maniera superlativa Qiu Xiaolong nel suo ultimo, perfettissimo, giallo dove l’autore, per la prima volta, decide di dare a un suo scritto anche una accezione politica, sociale, a tratti personale, come testimonia la nota dello stesso dove si legge: La mossa del partito di insabbiare i problemi causati dal Covid per mantenere la stabilità sociale, era qualcosa di sconvolgente. 

E con questo controcanto tra cittadini che resistono e Stato che fa ostruzionismo i lettori de Il dossier Wuhan si ritrovano tra le mani un romanzo dove la suspense è così fitta che tra un capitolo e l’altro sentono addirittura l’esigenza di andare a bere qualcosa perché nonostante, quelle, siano parole solo scritte, gli si impasta la lingua. 

Il giallo di Xiaolong narra di una Pandemia trattata con superficialità e inadeguatezza, di funzionari piazzati dal partito e del tutto incapaci di affrontare con coraggio una giusta comunicazione per i cinesi tutti e di delitti misteriosi che comunque si verificano e lasciano una scia di sangue che si va a confondere e amalgamare con quello di altre “vittime” e di altri morti. A Shanghai avvengono tre delitti: un chirurgo, una infermiera, una persona sconosciuta. Sono stati tutti e tre barbaramente uccisi nei pressi del grandissimo ospedale Renji. Cosa legava le loro vite? Chi li ha uccisi? E come è possibile che in una città e in una nazione dove il controllo di Stato con migliaia di telecamere e droni a goni angolo di strada ancora si brancola nel buio per scoprire la dinamica e i colpevoli di queste morti? 

Attraverso le indagini dell’ex poliziotto Chen Cao, coadiuvato dalla sua giovane assistente Jing, l’autore racconta di una Cina repressiva e spaesata, intristita e allo stesso tempo vittima di Regime, piegata da morti e malattia e in cui anche le semplici denunce di semplici cittadini, per le possibili conseguenze, finiscono per diventare esse stesse veri e propri dossier. 

La diapositiva lucida e perfetta di questa Cina allo sbando tra costrizione e inadeguatezza è tutta racchiusa nella descrizione del fantomatico capo del Partito: Il nomignolo Testa di Maiale esprimeva tutta la sua stupidità, la sua cocciutaggine e la sua ottusità. 

Ho sempre apprezzato i gialli di Xiaolong per la sua incredibile capacità di far viaggiare il lettore tra le bellezze e le contraddizioni della sua terra di origine ma questo suo ultimo lavoro è qualcosa di molto di più di un semplice romanzo di genere, è un vero e proprio libello dove l’autore si prende la briga e la responsabilità di denunciare un controllo di Stato e una repressione sociale che la Pandemia da Covid19 ha amplificato oltre ogni dire. Il tutto arrivato ai lettori italiani nella perfettissima traduzione di Fabio Zucchella che aggiunge talento a talento e maestria a maestria.

Leggetelo.

Antonia del Sambro

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