Salvo Montalbano ha una nuova vicina, Liliana, che fa tanto tanto sangue. Suo marito, dice lei, è un rappresentante di computer, spesso lontano da Marinella. A Vigata intanto scoppiano un paio di bombarelle di cui è difficile captare il senso, visto che danneggiano immobili vuoti e abbandonati. Non manca un bel foro di proiettile sulla fiancata della Uno del commissario. Il quale, tanto per entrare più facilmente nel cono d’ombra tra realtà e illusione, è preda di un sogno che non vuole lasciarlo in pace. Lui e Fazio non fanno fatica a capire che qualcuno li ha messi al centro di un piano caratterizzato da un continuo gioco di specchi, che alterano le prospettive e rimandano a immagini via via più deformate. Come nel film La Signora di Shangai di Orson Welles, che a Montalbano viene in mente proprio quando sente che è il caso di fermare il disorientamento di cui incomincia a essere vittima e attuare una controffensiva. Anche perché il labirinto in cui lo hanno portato s’arricchisce di una torbida storia di sensi accesi e soprattutto consegna prima un cadavere bruciato e poi uno sgozzato e violentato.
Il gioco degli specchi non è semplicemente un romanzo con protagonista Salvo Montalbano. È un testo che si situa sul crinale tra la produzione letteraria più celebre di Andrea Camilleri, cha ha al centro appunto il commissario più famoso d’Italia, e quella più fantastica. Con la destra lo scrittore siciliano afferra la mano di Pirandello e con la sinistra quella di Shakespeare. E si fa portare dove 1 + 1 fa qualche cosa di incerto e comunque non controllabile e dove il signor Rossi un secondo prima si chiamava Bianchi e due secondi dopo Verdi. Teatro, psicologia, incertezza dei confini reali, instabilità della superficie visibile, deformazione della memoria quotidiana, inganno della logica. Salvate il soldato Montalbano e gli aiutanti Fazio e Augello. E comunque che il fato non faccia troppo lo spiritoso perché una squadra che può contare di pirsona pirsonalmenti su Catarella (per i quali i nomi e i cognomi saranno anche uno, nessuno e centomila) è già a metà dell’opera.