Adiòs

Il titolo – a parte qualsiasi, legittima, suggestione “altra” che vi si voglia attribuire – è in spagnolo perché il libro è la storia d’un lungo, ripreso e ripetuto, mai comunque dimenticato, viaggio in America Latina, tra le rivoluzioni guevariste, le guerriglie di Nicaragua e Salvador, le fantasie deliranti d’un qualche Fitzcarraldo incompiuto, e sempre le illusioni disperate di popoli smarriti nella deriva della Storia. Ma questo viaggio non è il taccuino del reporter che si spolvera del peso del tempo e riappare a recuperare impressioni lontane o spezzoni di memoria sedimentati in un inutilizzabile archivio, dove vita e mestiere s’intrecciano talvolta, però sempre senza troppe domande.

No, Toni Capuozzo fa un’operazione molto più ambiziosa, e più nobile: ritrovare il percorso, un po’ stinto ormai, lungo il quale ha raccontato questo suo viaggio con affascinanti reportage per il quotidiano “Lotta Continua” e poi “Reporter”, e fare di questo ritrovamento l’occasione, piuttosto, per interrogarsi, porsi domande, chiedersi quanto di quel mondo lontano – vissuto tra avventura e ideologia – sopravviva oggi dentro la consapevolezza della fine amara che ha cancellato le illusioni felici su cui si dipanò la storia d’una intera generazione.

La parte centrale di questo intrico dolce di emozioni, riflessioni, ripensamenti, anche confessioni sempre taciute, resta dunque la ripresa dei reportage di quegli anni, tra i settanta e gli ottanta, quando certe parole avevano un significato scontato (“analisi” era solo e soltanto la destrutturazione ideologica d’un fatto o d’una situazione, e “lotta” era solo e soltanto la contestazione del vecchio potere sociale) e il viaggio in America Latina era il piano segreto d’un ricupero della militanza guerrigliera come simbolo della lotta studentesca e operaia nel nostro mondo.

E quei frammenti, rivisti alla luce del tempo che li ha disossati, rivelano oggi una qualità straordinaria: sebbene destinati a un uso dichiaratamente militante (chi ricorda il quotidiano di Lc non può non rammentarne la funzione di centralità nel dibattito sulla collocazione del Movimento), avevano tuttavia un taglio assai poco ortodosso per il contenitore nel quale si inserivano.

Diventavano sempre l’occasione per l’apertura di un confronto dove la “linea” era un orizzonte superato di slancio, aprendo alla lettura un territorio che la libertà del giudizio e la forza dominante dei fatti disegnavano con nessun rispetto per le mitologie che accompagnavano e coccolavano il Movimento.

Mimmo Candito per L\'Indice

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