Il romanzo nero deve raccontare la fragilità . Intervista a Maurizio de Giovanni ospite del Noir In Festival 2021.


Oggi su MilanoNera incontriamo Maurizio De Giovanni, per parlare del suo ultimo romanzo Angeli, per i Bastardi di Pizzofalcone, uscito con Einaudi e, più in generale, della sua produzione letteraria.
L’appuntamento con Maurizio nell’ambito del Noir In festival è per lunedì 13 dicembre alle ore 18.30 al Teatro Filodrammatici per un reading musicale con le musiche di Marco Zurzolo.
Presenta Marina Fabbri


Entrata libera fino a esaurimento posti. È consigliata la prenotazione inviando una mail a reservation@noirfest.com,
indicando nome e cognome dei partecipanti e la data e l’evento per il
quale ci si intende prenotare.

Tutti gli eventi del Noir In Festival si svolgeranno in ottemperanza delle vigenti norme sanitarie.

Ciao, Maurizio, grazie per avere accettato di incontrarci.
Nelle tue opere si avverte la forte presenza del mondo contingente, i tuoi personaggi mettono in luce la fragilità umana. Come riesci ad arrivare così trasversalmente a tutti? Intendo, come può parlare la letteratura, se la sappiamo indirizzare ed ascoltare?
Prima di tutto un forte abbraccio a tutti, e grazie a te, Cristina, per le bellissime domande e per l’attenzione che dai al mio lavoro. Credo che il romanzo nero, più di ogni altra forma narrativa, debba raccontare la fragilità. Non solo e non tanto delle vittime, quanto dei colpevoli e comunque del contesto che circonda l’evento criminale. Siamo tutti consapevoli di quello che non va in ognuno di noi, e siamo così abituati a nasconderci che a volte lo dimentichiamo: immedesimarci in una storia in cui sostanzialmente si raccontano le ferite è molto semplice, e per chi racconta basta osservare senza migliorare o peggiorare quello che si vede. Molto più facile di come sembra: l’importante è mantenersi partecipi. Commuoversi.

Parlando dei tuoi romanzi, e delle conseguenti trasposizioni cinematografiche che ne sono state fatte, qual è il tuo rapporto tra realtà e finzione? Esiste un legame intrinseco fra realtà interna ed esterna?
La verosimiglianza è fondamentale. Senza, non è possibile quel processo di immedesimazione che è la vera potenza della lettura, e soprattutto di questo tipo di storia. E’ chiaro che ciò è ancora più importante con i libri, dove il lettore costruisce immagini e suoni, creando un’esperienza molto più sensoriale che davanti a uno schermo. Io le mie storie le scrivo, immaginandole come se le vedessi in ogni dettaglio: il resto lo fa chi legge. Quello che succede nella creazione di un prodotto visivo, e non solo cinematografico ma anche teatrale o nel fumetto, non mi riguarda direttamente e quindi mi interessa assai meno.

Riferendoci a Angeli, il nuovo episodio dell’acclamata serie dei Bastardi di Pizzofalcone, qual è l’idea di fondo che avevi quando hai scritto questo romanzo?
Io parto sempre dal titolo, che decido per primo. L’idea è questa: chi sono gli angeli, in questo mondo in cui non esiste alcun tipo di trascendenza? Chi custodisce, chi protegge? Non esistono supereroi, né esseri soprannaturali, quindi gli angeli sono quelli che facendo un po’ più del dovuto, e con minore egoismo ed egocentrismo, provano a migliorare la vita degli altri: infermieri, insegnanti, volontariato; ma anche semplici artigiani, meccanici, sarti che allungano la vita a oggetti ai quali siamo affezionati e che dovremmo buttar via, insieme ai sentimenti che suscitano. Il fatto è che a volte, anzi sempre, gli angeli hanno a loro volta bisogno di essere protetti.

Quando scrivi un romanzo, nella tua testa si materializzano prima le scene, oppure hai delle idee ben precise che poi riesci a tradurre in visioni? E dico questo perché nei tuoi libri non si fatica a immaginare quanto accade, dato la tua scrittura pulita, solida, eppure coinvolgente.
So quello che devono fare i personaggi, in che situazioni si troveranno: poi sono loro a scegliere i comportamenti, i modi di agire, le parole da usare. Scrivere è divertente proprio per questo: per primo vedo dipanarsi davanti a me scene e atmosfere, e se scelgono di fare altrimenti sono io a dover cambiare la trama. Credo sia una forma allegra di malattia mentale, per la verità.

Che rapporto hai con la figura dell’editor? Solitamente, sei conciliante nelle variazioni, oppure tendi a portare avanti le tue ragioni perché l’opera in fondo ti appartiene e temi che esca diversa da come l’avevi concepita?
Ho un rispetto assoluto per l’editor, che rappresenta il lettore. Se lui non capisce qualcosa, o la trova contorta o astrusa, non la capirà neanche chi si troverà col libro in mano. Io non sono uno scrittore di parole, ma di storie: mi interessa che si segua la narrazione, non che si apprezzi la musicalità della mia voce. Per cui l’editor ha pieno mandato di fare tutte le variazioni che crede, purché non tocchi la storia. Ma devo essere sincero, finora non mi è mai capitato.

Tu hai detto che gli anziani sono la nostra memoria, e infatti nelle tue opere i vecchi sono tenuti in grande considerazione. Quale reticenza hai dovuto superare nel presentare al pubblico il personaggio di Sara? Dopo Miss Marple e Jessica Fletcher non ci sono state tante altre donne anziane detective ad avere infiammato l’immaginario collettivo. Hai avvertito un’accoglienza diversa, rispetto ad esempio al personaggio di Ricciardi?
Sara è un personaggio complesso e difficile. Una donna, di una certa età, non particolarmente brillante nei modi, dimessa nel vestire, senza trucco e senza tingersi i capelli. Io la trovo bellissima (ne sono follemente innamorato) ma non è una di quelle che fa girare la testa per strada. Ero convinto che non sarebbe stata particolarmente apprezzata, ma ho dovuto ricredermi perché penso che oggi sia il mio personaggio più amato a parte Ricciardi. I lettori, al solito, sono assai più intelligenti degli scrittori.

È da quando ho letto Angeli che muoio dalla voglia di farti questa domanda. Suor Giovanna, per spiegare ai suoi alunni il difficile concetto di angelo custode, introduce la figura del supereroe, di cui più o meno tutti i bambini hanno un’idea. Qual è il tuo supereroe preferito, oppure quello che ami più spesso citare?
Da bambino amavo Superman, che mi sembrava onnipotente. Poi, già nell’adolescenza, ho apprezzato Batman che è umano, fin troppo, e solitario.

Stai scrivendo qualche nuovo romanzo, o hai in cantiere qualche progetto di cui ci puoi e vuoi parlare?
Sono appena partito con una storia che è diversa da ogni altra. Editore nuovo, nessun giallo, nessun investigatore. Una storia d’amore profondo, un nonno, un nipotino e la matematica. Non dico altro, per ora: ma risponderò a tutte le tue domande quando il romanzo sarà uscito. Nel frattempo un bacio a tutte e a tutti, e a presto!

Ringraziano Maurizio De Giovanni per avere risposto alle nostre curiosità e gli diamo appuntamento fra le pagine dei suoi libri. Lì lo si potrà trovare sempre, senza neanche bisogno di darsi appuntamento.

Cristina Biolcati

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