La croce incarnata



piergiorgio pulisci
La croce incarnata
riflessione
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New York, 2003. Il Male esiste. Il Male è insito nell’uomo. Lo sa molto bene Vincent Cave, detective della polizia di New York, che si trova ferito e imprigionato nelle cripte di un’antica chiesa gotica in pieno centro di NY, dove si sta svolgendo una messa nera. Cave con la sua squadra avrebbe dovuto fare irruzione nei sotterranei e fermare il rituale sanguinario, ma tutto risulta essere una trappola, e il detective è l’unico superstite della squadra d’assalto. In particolare i sacerdoti che stanno svolgendo il rito oscuro, appartengono alla Croce Incarnata, un’antica setta satanica dalle oscure origini, che si sta diffondendo a macchia d’olio negli USA. Vincent Cave fa parte di una speciale task force che cerca di sopprimere le oscure attività della setta impegnata nel commercio di bambini, nella produzione di “Snuff Movie” e in numerosissimi omicidi di stampo rituale.

La Croce ha ammazzato i genitori di Vince e sua moglie nel suo triste passato, ed ora Vincent è spinto dalla vendetta, più che dal desiderio di giustizia. In questa notte, mentre la polizia farà una seconda irruzione nelle grotte, i satanisti riusciranno a fuggire, e Vince dovrà essere sottoposto a cure immediate. Al suo risveglio dovrà tornare sulle scene del crimine e aiutare l’Unità Sette e Omicidi Rituali, a fermare un serial killer appartenente alla Croce Incarnata, soprannominato Apocalisse, che strappa via i cuori alle sue vittime.
La storia è una di quelle molto avvincenti e movimentata. Ci sono numerose scene (sembra infatti un film) d’azione che invitano il lettore a proseguire nella lettura del libro che la fantasia di Piergiorgio riesce a portare a 422 pagine senza farlo sentire pesante. E questa è decisamente la qualità migliore del romanzo in questione.
Il libro eccede un po’ nel numero di morti ammazzati (penso di aver perso il conto dopo gli 800 e non per modo di dire), ma scorre via bene e nonostante il sangue scorra a piene mani non risulta mai eccessivo, ma sempre in linea con il modo di raccontare; in tutto il romanzo infatti l’esagerazione è caratteristica comune.
Di particolare ricercatezza i riferimenti a Connelly che lo scrittore ha voluto diffondere durante la narrazione (Connelly e King sono infatti i modelli di riferimento di Pulisci).
Unica pecca è il lavoro di editing che lascia perplessi per la quantità di refusi rimasti nell’edizione definitiva. In sostanza un libro che non deluderà gli appassionati del genere truculento. (stefano favaro)

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