Michael Connelly festeggia l’uscita del 25 romanzo, e celebra le nozze d’argento con il personaggio che probabilmente è il più amato dal pubblico: Harry Bosch. Anche il tema trattato ha per lui un significato importante, come spiega nei ringraziamenti finali: la notte del 1992 nella quale esplosero le rivolte seguirono il verdetto di non colpevolezza dei poliziotti accusati di violenza nei confronti di Rodney King, Connelly era per strada come cronista di nera. E proprio a quella notte Harry Bosch deve tornare per risolvere il caso. La notte durante la quale fu il primo ad arrivare sulla scena dell’omicidio di una giornalista danese. Una morte rimasta irrisolta a causa del caos di quei giorni, nei quali la polizia era impegnata a riportare la calma. Ora però la stessa pistola torna sulla scena di un altro crimine e Bosch, passato ai Cold Case, deve trovare il filo rosso che collega i due omicidi, trovare quell’indizio, quella “scatola” nera che una volta individuata permette di decifrare il mistero. E Bosch è uno che non molla. Proteggere e servire non è solo il motto della polizia di Los Angeles, ma il suo personale dovere morale. Fare giustizia per le vittime, a costo di pestare qualche piede e perché no, qualche regola. Un’indagine che deve ricomporre i tasselli di un passato vecchio di vent’anni, sfidando non solo il tempo e la memoria ma anche le opposizione dei superiori e qualche problemuccio con la figlia adolescente. Un libro che rientra nei cosiddetti “procedural” e che quindi, proprio per questo, manca di grandi scene d’azione e di capovolgimenti di fronte o svolte improvvise e inaspettate. Per loro stessa natura i “cold case” mancano di tensione, di coinvolgimento e di pathos e “La scatola nera” non fa eccezione da questo punto di vista, rimanendo però un tassello irrinunciabile per gli appassionati di Harry Bosch.
La scatola nera
Cristina Aicardi