La visione del cieco



girolamo de michele
La visione del cieco
einaudi
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Terzo volume della saga iniziata con Tre uomini paradossali nel 2004 e proseguita col magistrale Scirocco nel 2005. Tornano i protagonisti dei romanzi precedenti: Andrea, Lara e Cristiano. Coi loro tic, le loro nevrosi, le loro psicologie da capogiro.
La visione del cieco è un pugno nello stomaco al qualunquismo del Bel Paese. De Michele ambienta una storia cruda (così simile alle vicende di Cogne e del piccolo Tommy di Parma) in un piccolo (e riconoscibile quanto basta) paesino di montagna, dove un male atroce e banale esplode e devasta, conficcando le radici negli aspetti più beceri della società benpensante e benestante.
C’è di tutto in mezzo ai Suv e alle villette coi rottweiller di guardia: cocaina, scambi di coppia, violenza domestica, inciuci, malapolitica, corruzione, facce da culo e persino un po’ di noia.
Andrea, in montagna, ci si rintana per curarsi l’asma (eredità del G8 di Genova) e finisce per scivolare (controvoglia) nel torbido del crimine efferato, insensato, sovresposto dalla tv nazionale.
Una bambina barbaramente uccisa stravolge il quieto vivere del borgo, lascia suppurare il male.
Intreccio magistrale, non c’è che dire, ma il vero punto di forza del romanzo è la lingua.
Seguendo le idiosincrasie del parlato, con un linguaggio a mezza via tra neorealismo, documentario e docu-fiction, De Michele si conferma il maestro dell’iperrealismo.
Nessuno, in Italia, va così a fondo.

simone sarasso

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