La primavera tarda ad arrivare



Flavio Santi
La primavera tarda ad arrivare
Mondadori
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Le radici di Flavio Santi, poeta, scrittore e traduttore, sono friulane. E tutto il fascino di questa incantata terra di confine con la Slovenia lo possiamo respirare nelle pagine di La primavera tarda ad arrivare, che segna la nascita, e la prima avventura, dell’ispettore Drago Furlan.
Drago è ispettore al commissariato di Cividale (bellissima cittadina di origini medievali), ma più che poliziotto si sente, nel cuore, contadino.
E infatti è alla terra, alle campagne intorno a casa, al suo maiale da compagnia Tito, che scorrazza per casa come un cagnolino, oltre che alla madre, la mitica Vendramina, alla dolce ma grintosa fidanzata Perla, e alla sua Guzzi California, che dedica tutte le ore libere dal lavoro.
E un giorno questo burbero e baffuto ispettore si troverà a fare i conti con un fatto tragico che viene a sconvolgere l’idillio rustico di Montefosca, un paesino vicino a Cividale; in un pozzo viene ritrovato il cadavere di un misterioso forestiero, con un bel buco da arma da fuoco in mezzo alla fronte.
Sarà in grado l’ispettore, dopo anni di tranquilla, noiosa routine poliziesca, di fare luce sull’omicidio?
L’indagine si dipana con voluta lentezza e tra false piste sotto i cieli di un azzurro tenue e rosa Tiepolo intorno a Cividale, ma Furlan, sulla sua scatarrante, truccatissima Zastava Yugo, dovrà anche recarsi in trasferta in Germania, perchè lì portano alcune tracce.
Il finale non è scontato, anzi riserva qualche sorpresa, e rimanda a grandi tragedie passate ma evidentemente da molti non dimenticate.
La primavera tarda ad arrivare è un giallo atipico. Del giallo ha infatti la trama ben confezionata, i personaggi, lo studio psicologico ma, volutamente, non ha il ritmo. Santi è anche poeta di valore, e proprio la poesia, la poesia della sua terra, è quella che si sprigiona prepotente da queste pagine. Pagine in cui vengono con amore e sapienza descritti l’ambiente dell’osteria (il primo “ufficio” di Drago, che medita spesso davanti a un tajut di quello buono), l’operosità del paese, i rapporti con la madre, il fascino di un bagno nel gelido Tagliamento o il sapore di un gambero d’acqua dolce appena pescato.
E poi ci sono Drago, un metro e ottantacinque di chiome folte e baffi corvini, il suo fido vice Moroder, tanta buona volontà e citazioni sempre comicamente e clamorosamente sbagliate, i compagni di osteria e via via tutti gli altri. Personaggi a cui ci si affeziona immediatamente, tutti da godersi con calma, meditando sui guasti del cosiddetto progresso.
Poetico, quindi, ma anche molto intrigante. Bel libro.
A presto, ispettore Furlan!

Gian Luca Antonio Lamborizio

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