Nella Roma imperiale (Claudio imperatore) una specie di misteriosa caccia al tesoro nata quasi come un scommessa, un gioco da ragazzi, ha avuto un tale imprevedibile successo da coinvolgere tutti i cittadini. Insomma da giorni ormai tutta Roma che si tratti di ragazzi, servi, plebei, malviventi della Suburra , o addirittura quella che conta: ricche dame patrizie, cavalieri e membri del senato, sono caduti vittime nell’incantesimo e si mettono in gara per risolvere gli indovinelli e seguire la pista. Più in particolare un ragazzone sveglio ma pasticcione, un famosissimo campione di trigono, una donna affascinante ma dal carattere impossibile, i membri di una banda di Galli che imperversa nella Suburra, un equivoco segnapunti, tre plebee che devono sbarcare il lunario e un giovane straniero che, stranamente, sembra il senatore Publio Aurelio Stazio da giovane. E poi tante voci girano, ingigantendosi. Si favoleggia di un milionario premio destinato a chi sarà il fortunato vincitore. A Roma è diventato l’argomento del giorno e Pomponia, la rotonda matrona, la più informata di Roma (leggasi pettegola) buona amica e spalla del nostro ricchissimo senatore, è già pronta all’alba, impegnata alla spasimo nella competizione con la sua più agguerrita rivale Domitilla, per andare a scovare un nuovo indizio, presso la statua di Cornelia nel Portico di Ottavia. Ma stavolta niente facile indovinello e invece dietro alla statua, trova un mano mozzata con un anello al dito, un indizio talmente agghiacciante, che la procace matrona stramazza al suolo. Ciò nondimeno, non appena riprende i sensi, corre in cerca di sostegno e aiuto dall’amico senatore, Publio Aurelio Stazio.
Perché all’improvviso la caccia al tesoro da innocuo passatempo si è trasformato in un gioco di morte? Aurelio Stazio decide che bisogna intervenire al più presto e, ricuperato il macabro reperto, chiede lumi al suo medico e protetto Ipparco di Cesarea, acuto precursore dei moderni anatomopatologi. Ipparco infatti, pur con solo quella a disposizione, riesce a dirgli che si tratta della mano di un ragazzo, che probabilmente lavorava in una follonica (lavanderia), ma che era già morto quando gliel’avevano mozzata.
La solita composita e variegata ambientazione e le caratteristiche e le abitudini della romana umanità dell’epoca, comprese le colorite rappresentazioni di vivande e cene sopraffine, sono ben ricostruite senza mai appesantire la narrazione e descritte da Danila Comastri stuzzicando il lettore con il suo impareggiabile humour. Ma, mentre Aurelio si dedica a far luce sugli enigmi, spalleggiato dal solito stuolo di famigli collaboratori molto bene retribuiti (o che si retribuiscono da soli: quali l’astuto liberto, Castore, il fido insomma? amministratore Paride), lo sconosciuto ideatore o sono due? della caccia al tesoro alza ancora la posta in gioco e comincia a lasciare dietro di se una scia di cadaveri. I ragazzi morti diventano tre e non basta… Il numero si ripete, eh già! Ci sono tre donne poverissime, tre abbienti fratellastri, i Suri. Il senatore si scervella anche sul mistero del suo quasi sosia che pare ricomparire dappertutto. Un altro indovinello? Poco male, perché tanto ormai Publio Aurelio Stazio deve affrontare e risolvere l’enigma del perfido gioco di morte. Riuscirà a farcela anche stavolta? Con Ludus in fabula Mondadori riporta nelle librerie il famoso personaggio creato da Danila Comastri Montanari, il senatore Publio Aurelio Stazio con la suo nuova colta, frizzante e vivacissima indagine poliziesca, molto poco giallo classico tradizionale e che si legge in un lampo. Molto intrigante la caccia al tesoro e tutto il bailamme del corollario.