Il confine



Giorgio Glaviano
Il confine
Marsilio
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Il confine è la storia di un’inesorabile discesa negli Inferi. Fabio Meda, un tempo brillante capitano dei carabinieri, ha perso tutto: i gradi, la moglie, la dignità, se stesso. Vivacchia come carabiniere nella caserma di Velianova, sperduto borgo della Maremma. Ma un giorno, proprio nel bosco poco distante, compare un Orco: tre ragazzi di buona famiglia vengono rapiti dopo un rave a base di ogni genere di droga e la loro vicenda avrà un epilogo tragico. Viene chiamato a indagare il capitano Rio, l’opposto di quello che Meda adesso è diventato, ma molto simile a quello che era stato un tempo: un uomo di straordinario intuito investigativo, leale e onesto, un uomo in grado di onorare nel modo più alto la divisa che indossa. Anche Meda si metterà sulle tracce dell’Orco, perché essere un carabiniere vuol dire rimanerlo per tutta la vita, non è più un ruolo, ma la tua stessa essenza.
Nel corso di questa indagine, l’Orco per Fabio si trasformerà da fantomatico mostro nell’Orco degli antichi greci, il luogo dove le anime vagano nella dannazione.
L’incipit del romanzo ci mostra un uomo in fuga, braccato da qualcuno: questa tragica corsa durerà per tutta la vicenda, diventando una metaforica corsa verso la prevedibile dannazione o l’inattesa redenzione. Il confine è un romanzo molto forte, che tratta di argomenti attuali e scottanti: la dipendenza dal sesso, la percezione dello straniero, l’amore straziante presente nei legami familiari.
Il confine viene varcato più volte dal protagonista. Ma è davvero così certa la demarcazione tra bene e male, tra giusto e ingiusto, tra realtà e apparenza?
L’autore ci induce a riflettere su tutto ciò che riteniamo ovvio e indiscutibile, mostrandoci che la realtà è molto più complessa e confusa di quanto potremmo mai immaginare e che c’è un brandello di Fabio Meda in ognuno di noi, nel bene e nel male, perché oltre il confine le persone normali sembrano semplici ombre.
La Maremma, luogo da dépliant turistici, si trasforma in un mondo allucinato, dominato dal bosco, la chiave di tutto, come lo definisce Meda, il quale ne teme il “respiro”, quel marchio di solitudine che amplifica ancora di più l’abisso oscuro in cui è sprofondato. Il romanzo è permeato di un tragico pessimismo, di una visione a tratti scoratamente deterministica dell’agire umano: Fabio si spinge a giudicare il lavoro degli uomini di legge come una sconfitta in partenza, perché anche quando si riesce a trovare il colpevole si dimentica che tutto è cominciato da una vittima. Eppure, l’autore riuscirà a spiazzare il lettore e quel buio che sembrava attorcigliarsi intorno ai protagonisti non sfumerà nel nero delle tenebre ma offrirà uno spiraglio di luce.
Un romanzo dal ritmo serrato e cadenzato, come i passi dei carabinieri che si muovono incessantemente per tutta l’indagine e che riesce a trattare temi scabrosi e difficili con un linguaggio sobrio e perfino elegante, senza nulla concedere al compiacimento o alla ricerca dell’effetto.
Un romanzo che ci regala un protagonista dal fascino maledetto ma accattivante, un uomo dilaniato da mille demoni eppure lucido nelle sue eccezionali capacità investigative, un uomo consapevole dei propri errori che non osa chiedere alla sorte una seconda possibilità, ma che lotta fino in fondo come se davvero gli fosse stata concessa.

 

Donatella Brusati

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