L’ultimo traghetto – Domingo Villar



Domingo Villar
L’ultimo traghetto
Ponte alle Grazie
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Una donna scomparsa. Una donna figlia di un famoso chirurgo, che però ha sempre rifuggito gli agii familiari per inseguire i propri sogni e le proprie passioni. Monica Andrade vive a Tirán, piccolissimo borgo marinaro, posizionato dall’altra parte della ría di Vigo, una profonda insenatura in cui si insinua l’oceano Atlantico, di fronte all’importante porto della Galizia, nel lembo nord della Spagna, al di sopra del Portogallo. È una scomparsa anomala, difficile da interpretare e da indagare.
“L’ultimo traghetto”, edito da Ponte alle Grazie, è la terza prova di Domingo Villar, pubblicata ad oltre dieci anni di distanza dai suoi primi due romanzi, acclamati dal pubblico e dalla critica. Ed è una prova matura, in cui l’autore, nelle pieghe della minuziosa indagine, racconta tutto il suo amore per la sua terra, la Galizia, riscoprendo i tratti più veri, più ironici, contrapposti alla deturpazione legata al turismo mordi e fuggi delle navi da crociera, alla lenta rassegnazione dei suoi pescatori, che sembrano quasi sacrificati sull’altare della modernità. D’altro canto, Villar i suoi romanzi li scrive prima in galiziano e poi li traduce lui stesso in spagnolo. A questo proposito, è doverosa un citazione per la traduttrice Silvia Sicher, capace di rendere perfettamente le atmosfere evocate da Villar. L’impressione è di essere immersi totalmente nella natura e nei luoghi, tanto da far venire voglia di un viaggio per conoscere le spiagge, il tratto di mare, il mercato del pesce, il porto, le rocce sulle quali sono abbarbicate le case dall’altra parte della ría.
Torniamo alla vicenda.  L’ispettore Leo Caldas e la sua squadra, personaggi consolidati e cresciuti dei romanzi di Villar, si muovono su un terreno che conoscono bene, ma c’è qualcosa che sfugge: innanzitutto non si trovano praticamente tracce di Monica, sembra davvero volatilizzata e non si riesce a capire se per sua volontà o per mano di qualcuno. Nel caso della seconda ipotesi, non si trova il cadavere. Un’indagine impervia, come i sentieri che portano alle quattro case di Tirán, quasi a picco sulle spiagge dove la donna amava passeggiare. Un’inchiesta con l’andamento lento, dovuto a mille difficoltà ambientali e caratteriali di alcuni personaggi, ma che si dipana inesorabile, tra tanti piccoli depistaggi e numerosi sospetti, a fronte di una donna amata da tutti per il suo carattere, la sua bontà d’animo e la sua voglia di aiutare persone in difficoltà, caratteristica quest’ultima che tanti anni prima l’aveva portata alla decisione di allontanarsi dalla famiglia, e in particolare dal padre. Ed è proprio la sua voglia di aiutare l’elemento che farà scattare la svolta nelle ricerche, portando a galla una vicenda oscura e tragica, facendo lentamente, molto lentamente, stringere il cerchio intorno a un personaggio e che porterà alla soluzione della vicenda.
Molto interessante, e per certi versi divertente, l’espediente, già utilizzato da Villar nei romanzi precedenti, di indicare all’inizio di ogni capitolo una parola chiave, con i suoi significati, come fosse presa da un vocabolario. Ma attenti a non fidarvi ciecamente, potrebbe essere una trappola. 

Michele Marolla

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