L’uomo della mia vita – Luigi Brasili



Luigi Brasili
L’uomo della mia vita
Sette Chiavi
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Cosa si può rispondere a un collega, a un padre, che ti scrive per ringraziarti di aver trovato l’assassino della figlia? 

Il vicequestore aggiunto Cesare Vicelli, che tutti chiamano il “Vice”, non ha proprio idea quali siano le parole da usare quando la vita ti colpisce così tragicamente e preferisce rimandare, come tutti, quando il peso d’ogni scelta grava sulla coscienza e sull’ineluttabilità che la stessa esistenza porta con sé. 

E così, mentre sta per tornare a casa dopo aver fatto il suo dovere, riceve ordini da Roma: deve restare ancora per occuparsi di un nuovo caso di omicidio a Tiburnia. La vittima, illustre e conosciuta negli ambienti, è il 43enne avvocato Stefano Biondi, sposato con Cinzia Proli, professoressa di Lettere. L’avvocato è stato rinvenuto nel suo studio e attorno a lui un lago di sangue. La porta dello studio era chiusa dall’interno e la stanza si trova a otto metri di altezza rispetto alla strada. 

Ma non si tratta di suicidio, perché accanto alla vittima non è stata ritrovata l’arma con cui l’assassino ha infierito, un coltello, molto probabilmente. La morte risale a due giorni prima del ritrovamento, venerdì sera, ma nel fine settimana l’avvocato non doveva trovarsi a Tiburnia. Doveva partire per Firenze, per prendere parte a un convegno, tant’è che era uscito di casa portandosi dietro una valigia. Perché allora la moglie non ha denunciato l’assenza non avendolo sentito in quei giorni? 

Che fine ha fatto la valigia?

Ad affiancare Cesare Vicelli nelle indagini troviamo l’agente Carioli, un’ottima spalla, un giovane desideroso di apprendere l’arte del Vice che si compone di tanta osservazione, domande, silenzi, deduzioni.

A ritrovare l’avvocato e a dare l’allarme è stata la giovane e avvenente donna delle pulizie, Cecilia Pallante, che ogni mattina alle 6, prima che lo studio apra, svolge i suoi lavori. L’ultima a vederlo venerdì alle 19 è stata invece la segretaria, Clara Cinti, anche lei giovane e bella. 

L’avvocato amava scrivere poesie e nel suo studio il Vice trova un romanzo di Manuel Vasquez Montalban, “L’uomo della mia vita”, con una dedica d’amore. La Scientifica invece troverà anche tracce biologiche inequivocabili sul divano. Un rapporto è stato consumato.

Come ha fatto l’assassino a entrare e uscire senza essere visto? 

Chi poteva odiare tanto l’avvocato? 

L’unico modo per svelarne la personalità e i suoi segreti è continuare a fare domande. Conoscere la vittima per conoscere l’assassino. E quando alla fine risolverà anche questo caso, Cesare Vicelli, che si diletta di enigmi e frasi in latino, troverà finalmente la forza di scrivere al collega a cui una mano assassina ha ucciso sua figlia e travolto la vita.

Prese il telefono e recuperò il messaggio del collega. Chiuse gli occhi in cerca dell’immagine di Marta sulla scrivania in commissariato. Si soffermò su quel sorriso che dalla cornice e da qualche altro luogo indefinito avrebbe brillato in eterne sul cuore del padre. Vicelli le soffiò un bacio immaginario e riaprì gli occhi. Poi iniziò a scrivere.”

“L’uomo della mia vita” è un giallo snello e piacevole. Lo firma lo scrittore tiburtino Luigi Brasili, vincitore dei prestigiosi premi Mondadori “Neroma Noir Festival” e “Urania Short”, nonché autore di una decina di romanzi, alcuni dei quali tradotti e pubblicati nella Repubblica Ceca, in Romania e Ungheria.  

Un autore, insomma, che non abbisogna di molte altre parole per essere presentato e che ha prestato la sua penna e la propria verve creativa alla nuova realtà editoriale, Sette Chiavi, nata quest’anno all’interno del consolidato Gruppo Editoriale Utterson. 

Una casa editrice dedicata interamente al mondo del crime e del poliziesco, tant’è che gli amanti del genere non avranno difficoltà a riconoscere il chiaro omaggio a La porta delle sette chiavi di Edgar Wallace, uno dei grandi maestri del giallo classico.

Roberto Mistretta

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