Unite estremisti di sinistra, naziskin armati fino ai denti, mafia cinese e bande di sudamericani. Metteteci due morti nell’incendio (doloso) a un centro sociale e un ispettore raccomandato, Cristiano Camporosso dalla Comasina, che indaga contro tutto e tutti, persino contro i propri superiori, che gli affidano il caso sperando proprio che non lo risolva per toglierselo di torno. Aggiungeteci i tre improbabili amici storici dell’ispettore, che decidono di aiutarlo nella pericolosa indagine: il Gatto, anarchico post-punk cinico e disilluso, il Pugile, traslocatore pugliese, e il Brucia, gigante dal cuore tenero che sviene alla vista del sangue. Mescolate il tutto e otterrete “Milano č un’arma”, primo romanzo del giovane Francesco Gallone, nel quale Milano diventa teatro di una vera e propria guerra sociale in cui č evidente come basti poco affinchč l’odio sopito tra fazioni politiche ed etniche riaffiori in tutta la sua violenza. Eppure il risultato di tutti i pestaggi, gli inseguimenti, i morti seminati lungo la strada (storica la falciata collettiva della Massa Critica) non č la classica sensazione di sgomento propria dei Tg, ma piů che altro quel senso di divertimento splatter provocato dai fumetti alla “Sin City”, in cui il sangue che scorre a fiumi č piů simile a succo di pomodoro e provoca piů ilaritŕ che orrore.
Milano č un’arma
Davide Schito