Non deve accadere

Una lingua tagliata in due e recisa, una crocifissione, una stilografica di marca inchiodata in un occhio, un bersaglio fissato a un taschino con una spilla perché il tiro a segno non sia il gesto di un dilettante. Solo un minimo comune denominatore: le vittime sono persone celebri. Che il pubblico le ami o le odi non ha importanza. Hanno un nome che si scrive con la maiuscola.
A indagare la nuova coppia del noir norvegese: Johanne Vik, acuta profiler di assassini seriali, e Yngvar Stubø, detective vecchia maniera. Li avevamo conosciuti nel precedente Quello che ti meriti. Ora, quattro anni più tardi, si sono sposati, hanno due figli e vengono coinvolti nel vortice di Non deve accadere (entrambi Einaudi).
Anne Holt è una profeta in patria. Tradotta in 25 paesi e con 5 milioni di copie vendute. Meritate dalla prima allultima.
Mentre la precedente indagine su una serie di rapimenti di bambini era ben congegnata ma restava nellalveo della tradizione del thriller, con Non deve accadere assistiamo invece a uno scatto in avanti tanto dellintera costruzione narrativa su cui gira la storia quanto del pensiero che sovrasta lidea stessa del giallo.
Anne Holt non ci presenta un delitto perfetto. Ma lassassino perfetto.
Johanne Vik ce ne dà il profilo: Lassassino perfetto è completamente svincolato da qualsiasi contesto. Lassassino perfetto non prova niente, né paura, neppure odio e, nel modo più assoluto, non amore. Un essere umano perfettamente integrato nellequilibrio del mondo. Capace di amare e provare sentimenti di affetto e pietas umana, trasformandoli in comportamenti concreti.
Spiazzante. Perché anche uccidere può far sentire vivi. Soprattutto se il primo omicidio ha trasportato lautore in uno stato di atarassia completa, come mai è stato nella sua vita. Perché non è necessario avere un movente per togliere la vita a qualcuno. Basta provare a farlo.
Voluto o no, sembra che lautrice incominci dove, qualche anno fa, lo spagnolo Andres Trapiello finì col suo Gli amici del delitto perfetto. Lì in sintesi la teoria era: il delitto perfetto non è quello in cui si non si individua lautore. Tuttaltro. Lautore deve essere scoperto.
Ma, purtroppo per linvestigatore, egli ha agito in maniera tale che non solo non può essere inchiodato da un giudice, ma non lo può proprio essere portato davanti a un tribunale. E, una volta archiviata lindagine, la perfezione il colpevole impunito se la gode passando davanti alle finestre dellinvestigatore, regalandogli uno sguardo beffardamente sconsolato.
Ecco, Anne Holt perfeziona il modello: sposta lattenzione dal fatto allomicida. Che per non restare nellombra agisce parallelamente a chi lo persegue. Perché poi deve iniziare la partita alla luce del sole. Uno con le sue alchimie nella produzione dellalibi e dellintera strategia delinquenziale, laltro con la forza delle celluline grigie e la perseveranza della caccia del pur minimo passo falso altrui.
E, a incorniciare lintera storia lautrice (di cui sempre Einaudi il prossimo autunno darà alle stampe La signora Presidente, terzo volume della serie), gioca a fisarmonica con la sua stessa scrittura. Una partenza che sembra sparata da un colpo di cannone, una corposa parte centrale con accadimenti e sviluppi cucinati a bagnomaria e ultime sessanta pagine al fulmicotone, autentici cazzotti nello stomaco del lettore.
E se, come riporta il risvolto, lautrice ha una conoscenza diretta dei meccanismi investigativi e legali anche per il ruolo che in passato ha coperto (è stata procuratore e ministro della Giustizia in Norvegia), labilità della costruzione letteraria è sorprende e ci colpisce come una fionda. Avanguardia in un (ultra) best seller? Mai dire mai. Intanto, eccoci servito il nuovo umanesimo criminale.
Non deve accadere- anne holt - einaudi
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