Processo a Shanghai – Qiu Xiaolong



Qiu Xiaolong
Processo a Shanghai
Marsilio
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 Ogni nuova pubblicazione di Qiu Xiaolong mi sorprende sempre in positivo perché questo autore, a mio avviso, è uno dei pochissimi che ha compreso appieno il significato di poliziesco, ovvero quello che gli amanti del genere si aspettano di leggere in un romanzo che si definisce tale. 
Qiu parte da un assunto vincente: il personaggio di Chen Cao, leggendario ispettore capo della polizia di Shanghai. Questo è lo sbirro perfetto per costruirci attorno storie credibili e raffinate in cui la suspense è molto di più di un semplice ingrediente, è la cifra di dialogo tra autore e lettore. 
Cao deve sottostare alle imprescindibili linee guida del Partito che, in realtà, a proprio modo lo apprezza e lo segue con interesse, e pur tuttavia, Cao deve anche sottostare alla sua indole di sbirro dal grande intuito e dalla propensione ad andare a ficcare il naso in tutti quei casi che il buonsenso direbbe di lasciar stare. 
Il meraviglioso conflitto tra dovere ed essere è il segreto del successo del personaggio di Cao e delle storie che lo vedono protagonista. E in Processo a Shanghai Qiu fa un ulteriore passo in avanti, fa nominare Cao dal Partito direttore del neonato Ufficio per la riforma del sistema giudiziario.
Una promozione specchietto per le allodole che se da una parte sottolinea l’apprezzamento per la figura dell’ex ispettore capo dall’altra è un indovinatissimo escamotage delle forze di potere per tenere Cai lontano dai suoi “casi speciali”.
Tutto inutile. Contro la propria natura non si può combattere e lo sbirro che non è mai morto riesce lo stesso a infilarsi in una indagine che sfiora molto da vicino quell’equilibrio sottile e instabile che in cui il potere giudiziario rischia di sottostare a quello del Partito.  Tutto parte da Min Lihua, affascinante cuoca-cortigiana che, approfittando dei banchetti nel suo costosissimo ristorante, intesse relazioni con uomini di potere. Ma nella sua “cucina privata” è stato rinvenuto il cadavere di Qing, la sua giovane assistente, Lihua viene così tratta in arresto, però, un misterioso personaggio offre una somma astronomica per provare la sua innocenza.
Cao comprende subito che se vuole davvero dare una mano al suo vecchi amico investigatore che segue la faccenda deve farlo senza palesarsi e senza sembrare minimamente coinvolto nelle indagini. Ma chi ha ucciso la giovane donna e chi è il misterioso angelo custode di Lihua?
Qiu Xiaolong è strepitoso nel raccontare la sua terra e la sua gente e se fosse vissuto nell’Ottocento più che un giallista sarebbe diventato famoso come naturalista e sociologo. La sua Shanghai è vibrante e veritiera, i suoi abitanti descritti in ogni loro piccola sfumatura, la Cina quasi guardata dal buco della serratura. Come si fa a non appassionarsi a tutto questo? A non amare qualcosa di così lontano dalla nostra cultura eppure così affascinante e stuzzicante? Tutto questo, insieme ai suoi personaggi, rende Qiu un autore in grado di coinvolgere molti lettori. L’unica pecca rimane ancora il suo linguaggio: troppo classico, troppo inquadrato, troppo senza scossoni. Ma se si supera questo aspetto la narrazione poi premia e tutto regge alla perfezione.   

Antonia del Sambro

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