Da dove è nata l’idea di pubblicare questo vademecum di sopravvivenza?
Semplicemente dall’esperienza d’avere incontrato e continuare ad incontrare vittime che sono diventate tali per l’incapacità a dare ascolto al proprio istinto, o per aver ignorato segnali di pericolo. Paradossalmente, ogni giorno i media ci raccontano di delitti, di aggressioni, di truffe, ma questo, nel concreto, non ci porta ad essere più consapevoli e attenti. Insomma, sarebbe il caso di smetterla di delegare la nostra sicurezza alla tecnologia o alle forze dell’ordine, e di smettere di comportarci e muoverci come “vittime ideali” dei predatori.
Un saggio criminale a tutti gli effetti dove i rimandi e le citazioni a precedenti lavori e autori formano una guida lucida e chiara sui pericoli che ogni giorno fluttuano intorno a noi. Sulla loro “fluttuazione”, citando Bauman, quanto conta l’attuale conformazione della società e i suoi continui e repentini cambiamenti?
Certamente conta molto. Ma gioverebbe fornire a tutti una informazione più corretta. Quando incontro studenti a lezione, o semplici appassionati, tutti rimangono sorpresi dallo scoprire che nel nostro paese non sono mai avvenuti così pochi omicidi volontari dal 1861, e che anche gli episodi di violenza sessuale sono in calo, nonostante la maggiore disponibilità a denunciare. Quello che invece è in aumento è la frustrazione, la rabbia, la prevaricazione delle fasce più deboli, come capita con gli anziani nelle case di riposo, o i bimbi nei cosiddetti “asili dell’orrore”. Il libro si promette appunto di fornire indicazioni semplici ma efficaci su come proteggerci da tutto questo.
Nella sua professione, ci sono stati casi che l’hanno appassionata più di altri?
Non posso negare che casi come quello di Cogne, di Novi Ligure o come i delitti delle bestie di satana non mi abbiano coinvolto profondamente, obbligandomi a riflettere, studiare e approfondire. Quello che ancora mi succede, è di accostarmi ai fatti di sangue più feroci con l’aspettativa che i responsabili siano “mostri”; per scoprire che, purtroppo, l’uomo è capace dei gesti più incredibili senza necessariamente essere un mostro.
Da qualche anno però il mio interesse si è spostato sulle strategie di prevenzione, sul riconoscimento degli indicatori di rischio, sull’analisi delle minacce, sulla negoziazione ostaggi. Per questo ho il piacere di lavorare fianco a fianco con carabinieri e polizia, un impegno in cui l’esperienza conta, così come conta la “sostanza” di una preparazione professionale. Puoi raccontare tante storie, dichiararti esperto di serial killer senza mai averne incontrato uno, o definirti uno specialista della scena del crimine senza che alcuna procura di abbia mai incaricato. Ma a certi livelli non hai accesso se non porti idee e contributi “concreti”.
Perché a suo avviso la percezione sul “tasso criminale” che affligge la nostra società è così erronea rispetto ai dati ufficiali?
Ritengo che ci sia un concorso di responsabilità tra i media e il pubblico. Se la televisione fa incetta dei casi di cronaca nera, se le trasmissioni dedicate al crimine si moltiplicano, è anche perché c’è un pubblico che ne fa richiesta.
Il problema, nella cronaca, è quello di mantenere un equilibrio di posizione e giudizi; non è semplice, e spesso mi capita di ascoltare presunti specialisti lanciarsi in ricostruzione sulla sola base di indiscrezioni giornalistiche non confermate. Per rimangiarsi tutto il giorno dopo, scoperto che l’indizio determinante in realtà non è mai esistito.
E’ possibile prevenire l’azione di uno psicopatico ed esistono cure in grado di curare questo tipo di devianza?
Certo che è possibile, perché in genere i predatori sono psicopatici, e utilizzano tecniche e strumenti per persuaderci su quanto siano brave persone, sull’importanza che abbiamo per loro, sul totale disinteresse con il quale si accostano a noi e ci fanno le loro richieste… per il nostro bene.
Le strategie di persuasione che utilizzano i ladri, i truffatori, persino gli stalker sono limitate e riconoscibili. Con alcuni accorgimenti possiamo imparare a comprendere quando vengono messe in campo, e con ciò evitare di trasformarci in vittime. Quanto alla cura di uno psicopatico, al momento le risorse terapeutiche sono scarse, e l’impegno difficilissimo. Soprattutto perché se hai un problema di personalità grave, devi essere tu a voler cambiare, impegnandoti a rivedere la tua vita e i meccanismi con i quali ti rapporti col mondo. Ma gli psicopatici, quasi sempre, vivono bene la loro patologia, non soffrono nel condurre una vita parassitaria e totalmente egocentrata… perché dovrebbero cambiare, quando nessuna emozione li disturba ? Perché potrebbero, se arrestati, uscire prima dal carcere ? Certamente in questo caso aderirebbero a ogni proposta di psicoterapia, ma quanto a sincerità…
Milanonera ringrazia Massimo Picozzi per la disponibilità.