Con le atmosfere da incubo che già aleggiavano in “Black out”, Gianluca Morozzi torna a sferzare la quiete dei lettori e in “Radiomorte” demistifica l’immagine della famiglia felice cui la retorica sociale e la logica commerciale spesso ricorrono. Perché i Colla, che imperversano con le presentazioni del bestseller “La famiglia felice al tempo della crisi”, nascondono tanti scheletri nei loro armadi e – sotto la scorza patinata della felicità apparente – dissimulano un passato inquietante di orrori e peccati. Nell’occasione di un’intervista radiofonica condotta da Kristell (“il viso che sarebbe grazioso, se non fosse metallizzato da tutti quei piercing da centro sociale…”), Fabio-Patrizia-Davide-Giulia, che rappresentano l’archetipo della famiglia-modello borghese, vengono dolosamente imprigionati – come cavie da laboratorio – nell’angusto ambiente a chiusura ermetica della radio (“La sala ha tre pareti ricoperte di pannelli piramidali fonoassorbenti grigi. La quarta parete… è una vetrata”) e sono sottoposti a un gioco crudele: un cross-over tra reality show e gioco della verità, ove la legge dell’eliminazione prevale su ogni altra “Ci sono quattro persone dall’altra parte del vetro infrangibile. Una di loro non vedrà spuntare il sole. Quale delle quattro, lo decideranno le altre tre.” Il nuovo romanzo di Gianluca Morozzi è retto dal climax della tensione: parte in sordina (sembra “l’ennesima intervista scontata in questa radio sconosciuta”), ma quasi subito emette segnali sinistri (“un’intervistatrice così sfacciata, priva di tatto e arrogante”) e s’impenna con la visione della gola squarciata dell’addetto stampa Marchetti: “Non ci lascerà uscire. Vuole uccidere anche noi!” La paura ascende (“C’è un attimo di silenzio. Un altro gradino nella scala del terrore”) e si macera (“Se è un’attesa priva di certezze, l’angoscia aumenta e aumenta e aumenta ancora”) nel corso di un esperimento che progressivamente rivela una logica giustizialista e mortale: “Guarda la famiglia Colla. Guarda quattro topi in gabbia, immobilizzati, paralizzati, in attesa di verdetto. Come l’imputato che aspetta una giuria.” Anche le reazioni dei componenti della ex idilliaca famiglia sono in escalation: inizialmente ciascuno esprime il proposito di sacrificarsi per gli altri; poi si propende per una soluzione salomonica e oggettiva (“Ti sembra una buona idea tirare a sorte, Giulia?”); infine prevale l’egoismo, la gioia di sopravvivere, sino al conflitto nel quale vige soltanto il principio “vita mea, mors tua”… Nella migliore tradizione dello scrittore bolognese, la storia ha la sua colonna sonora che musica gli orrori narrati. Questa la title- track che scandisce il successo dei superstiti e la condanna a morte di uno di loro: “Gracias a la vida, il brano di Violeta Parra… Morta suicida.” “Un pezzo dei Pink Floyd, Waiting for the Worms.” Una “canzone degli Afterhours, Lasciami leccare l’adrenalina.”
Radiomorte
Bruno Elpis