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jonathan kellerman
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Un altro romanzo sui serial killer? Eh sì, anche se da uno specialista (non un maestro) del genere e inserito in una serie, quella del tenente Milos  Sturgis e dello psicologo Alex  Delaware. Il ritrovamento di un cadavere di una pianista cui è stata amputata una mano si espande in un caso più tenebroso con la scoperta di altre giovani similmente mutilate. Le altre vittime, però, sono prostitute e questo mette la  polizia in sospetto. 

Inizia così un thriller d’impianto molto classico, certamente ben condotto ma con un ritmo televisivo, dove tutto, dai personaggi alla risoluzione della vicenda, è un po’ già visto.

Entrano in gioco location e personaggi di contorno, compreso il giovane detective Moses Reed, che, pur restando rigorosamente e professionalmente nel format di queste storie, stancano.

Il collegamento tra la follia, le vittime femminili che subiscono amputazioni, l’ombra di uno o più menti criminali devastate da sinistre patologie (o contemporaneamente animate da propositi volti a relativamente insondabili piani) non è nuovo. 

Di sicuro Kellerman ha scritto di meglio e sembra in questo caso ricalcare una formula fortunata e sicuramente ancora gradita a un certo pubblico, ma che l’appassionato vorrebbe variata in qualche modo.

Sinceramente di romanzi del genere, venduti in libreria a prezzi così alti, se ne può fare a meno.  È probabilmente nella grande diffusione di romanzi sempre uguali a se stessi con minime varianti e portati negli scaffali delle librerie dove per quel presso ci si aspetterebbe qualcosa in più del solito rompicapo, alla fine non così difficile da svelare, che va ricercata una certa stanchezza accusata dal filone con conseguente calo di vendite generale.

 La stessa vicenda poteva essere condensata in un più ristretto numero di pagine e magari inserita in una più tradizionale collana di gialli.

In ogni caso un passatempo gradevole per chi non cerca né si aspetta novità.

stefano di marino

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