Franco Forte, Lorenzo Fontana, Andrea Tortoreto
Tarquinio Prisco- Franco Forte, Lorenzo Fontana, Andrea Tortoreto
Mondadori
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Tarquinio Prisco .L’etrusco. Il quinto re
Quinto re della tradizione romana, Lucio Tarquinio Prisco (616-578 a.C.), fu anche il primo di origini etrusche. La leggenda riporta che, nato sotto il propizio segno dell’aquila, aveva ricevuto il nome etrusco Luchmon, dal profetico significato regale.
Secondo Strabone, Floro e Livio: suo padre Demarato, un ricchissimo mercante, era originario di Corinto, da dove, in contrasto con Cipselo, il tiranno locale, era emigrato per andarsi a istallare principescamente a Tarquinia. Dove aveva sposato una moglie etrusca di nobile famiglia, da dove poteva esercitare tutti i suoi commerci, ma dove tradizionali usi e costumi gli impedivano di entrare a fare parte delle chiusa e potente nobiltà cittadina che gestiva la città e gli affari religiosi. Anche per questo il suo secondogenito Luchmon, che più volte si era scontrato con i membri dell’aristocrazia, era andato a farsi le ossa e l’esperienza imbarcandosi su una nave collegata alla flotta paterna. Infatti, nonostante la sconfinata possibilità economica della sua famiglia, essere figlio di un non etrusco, rappresentava un insormontabile ostacolo alla sua volontà di far carriera nella vita politica di Tarquinia.
Dopo essersi innamorato ricambiato di Tanaquil, una splendida nobildonna etrusca, specializzata nella scienza della divinazione, dotata di grande volontà e carisma e averla sposata, alla morte del padre e del fratello maggiore, Luchmon deciderà con lei di lasciare Tarquinia alla ricerca di un’altra meta, in grado di soddisfare le loro ambizioni di grandezza e potere.
Roma rappresenta la città adatta per le loro aspettative di successo e conquista, anche e soprattutto perché è una nuova città in divenire, aperta agli stranieri e ai capitali. E durante il suo viaggio per mare, sia pur fortunosamente, Luchmon aveva avuto modo di conoscerla e apprezzarne proprio quelle specifiche qualità.
L’emigrazione della coppia a Roma, fatta in grande pompa e grande esibizione, sarà seguita a breve dalla conquista, a colpi di favori e sacchi di monete d’oro, di una vasta corte di clienti, di alleati e sostenitori. Una vera e propria propaganda politica a colpi di ricchezza e di amicizie che pian piano gli consentirà di ambire alle più alte cariche politiche della città. Insomma il giovane Luchmon abbandona l’Etruria per conquistare il trono di Roma. E al suo arrivo, accompagnato dal volo di una possente aquila, segno evidente della benevolenza divina, per meglio favorire l’integrazione cambierà ufficialmente il suo nome etrusco nel “romano” Lucio Tarquinio.
Lo stesso re Anco Marzio, monarca benvoluto dal popolo, molto diverso dal suo predecessore, un feroce guerriero consumato dalla sete di conquista e dall’odio verso gli dei, in qualche modo verrà affascinato dai modi gentili della coppia, tanto da tollerare benevolmente la loro fulminea ascesa.
A poco a poco, con il passare degli anni, Luchmon, che ora si fa chiamare solo Lucio Tarquinio si fingerà suo amico. E Anco Marzio, uomo di pace, coinvolto suo malgrado, finirà con associare l’etrusco nella gestione della città come suo consigliere e come tutore dei suoi stessi figli,Tito e Agrippa. Ma in realtà è tutta una facciata. Perché in pratica l’ascesa al trono dell’etrusco sarà il frutto di un astuto compromesso legato a un ben architettato gioco di minacciosi equilibri basati solo su ricatti e trattative segrete.
Alla morte di Anco Marzio, Lucio Tarquinio allontana i figli, poco più che bambini, da Roma e si autocandida alla testa della città. La sua grande abilità di oratore e di politico fa breccia tra i senatori romani. Il popolo, tutto una folla osannante di circa trentamila anime, lo acclama come nuovo re.
Le prime azioni del suo governo rendono chiara l’intenzione di estendere il dominio di Roma a sud contro la Lega Latina ed a est contro i Sabini stanziati fra Tevere e Aniene, per garantirsi il controllo delle vie commerciali. Molte città si arrendono senza opporre resistenza mentre altre scatenano sanguinose battaglie prima di cedere all’invasione. Cadono le città di Nomento, di Fidene, di Apiolae, di Collazia, di Corniculo ed altre ancora. Le popolazioni dei territori conquistati con un’onorevole resa senza spargimenti di sangue ottengono, di solito, il diritto di cittadinanza romana, quelle che invece hanno opposto resistenza vengono depredate di tutto e ridotte alla schiavitù.
Sappiamo che Lucio Tarquinio Prisco fu il primo re di Roma a celebrare un vero e proprio trionfo con carri, sfilate ed esibizione di trofei. E probabilmente si devono a lui anche l’introduzione di una serie di usanze etrusche, come certi riti sacrificali, la divinazione, l’uso di tubae, gli anelli, lo scettro, il paladumentum, la sella curule, le faleree, la toga praetexta e i fasci littori.
Insomma, da bravo governante e politico consumato Lucio Tarquinio Prisco, avvalendosi di validi consiglieri tra i quali sempre e importante la moglie Tanaquil, trasforma Roma in una vera potenza del centro Italia. Le sue vittorie militari su diverse città della Lega Latina imposero l’innesto della cultura etrusco-romana su un vasto territorio nella valle del Tevere.
Per garantirsi il grande e solido esercito che gli serviva, mise in atto le necessarie e importanti riforme, tra cui l’aumento del numero dei cavalieri, raddoppiando le centurie. Nel frattempo la città di Roma cominciava a cambiare volto. Lucio Tarquinio infatti contribuì nettamente alla rinascita architettonica dell’Urbe, realizzando grandiose opere: come la nuova cinta muraria della città, la sfolgorante Regia (Reggia) del re che si affacciava dal Palatino sulla Valle del Foro e i due edifici comunicanti Il Tempio di Vesta e la casa delle Vestali.
Dette il via ai lavori per la realizzazione del maestoso Tempio di Giove Capitolino (durante il suo regno venne costruito il basamento).
I tecnici specializzati fatti venire da Tarquinio Prisco dall’Etruria, riuscirono a prosciugare le paludi nella Valle del Foro (dove poi sorgerà il Foro romano) e nella valle Murcia (tra Palatino e Aventino, sede della famosa corsa per distrarre i sabini durante il ratto delle loro donne), che , da quel momento, fu dedicata a un circuito per i giochi e le corse dei cavalli. Nei secoli successivi vi sorgerà il Circo Massimo. E sempre sotto la loro guida fu relizzato un grande canale di scolo degli acquitrini che diverrà per millenni la principale rete fognaria di Roma, la “Cloaca Maxima”.
Per governare meglio e con l’appoggio di una vasta platea di sostenitori, il nuovo re raddoppiò il numero dei senatori portandolo a 200. ( Erano 100 dal regno di Romolo).
Nell’ottica di un maggiore sviluppo commerciale cittadino, Tarquinio Prisco aveva dato grande impulso alle minores gentes, ovvero mercanti, artigiani, allevatori e agricoltori. Queste classi emergenti e produttive avevano tutte la peculiarità di essere di origine etrusca. E per rafforzare il suo potere, Lucio Tarquinio Prisco creò molti di questi: senatori, cavalieri e “Patres Minorum Gentium”. La loro grande presenza a Roma in questo periodo è dimostrata dal quartiere “etrusco” nella zona del Velabro, ai margini del foro boario e olitorio. (Alcune strade romane mantengono ancora oggi un appellativo di origine etrusco “Vicus” al posto della latina “Viae”: il “Vicus Tuscus” e il Vicus Iugarius.)
Dopo quasi quarant’anni di regno, Tarquinio fu assassinato, pare, su istigazione dei figli di Anco Marzio, che miravano a riprendersi il trono. Ma Tanaquil, moglie di Prisco, riuscì a prendere in mano la situazione e far scegliere invece come successore e nuovo sovrano di Roma il genero Servio Tullio che già negli ultimi anni aveva affiancato con efficienza il marito nella conduzione dello stato.:
Un regno nato nell’arrivismo, nel ricatto, nella menzogna e nella corruzione, ciò nondimeno sarà proprio lui, Lucio Tarquinio Prisco a offrire generosamente a Roma un’imperitura gloria destinata ai posteri. Una vita piena la sua, tutta in salita, inglobata in un’epopea mirabolante. Un intreccio di sogni, brama di potere, complotti, sangue, passione, grande amore e torbidi desideri .
Una bella fiction, una favola antica arricchita da una leggendaria ma ben calibrata ricostruzione storica fatta dagli autori.