Vertigine

VERTIGINE
Regia: Otto Preminger. Sceneggiatura: Jay Dratler, Samuel Hoffenstein, Elizabeth Reinhatdt. Interpreti: Gene Tierney, Dana Andrews, Clifton Webb, Vincent Price, Judith Anderson. USA, 1944, 85’.

Elegante, malinconico, morboso e ironico, Vertigine è un film culto per gli amanti del cinema nero.

Tratto da un romanzo di Vera Gaspary, si apre con l’assassinio della bella Laura Hunt (Gene Tierney), trovata uccisa da un colpo di pistola al volto che l’ha sfigurata. Tocca all’ispettore di polizia Mark McPherson (Dana Andrews) investigare sull’omicidio di Laura che era entrata nel mondo della pubblicità grazie all’appoggio e alla considerevole influenza del giornalista Waldo Lydecker (Clifton Webb). Attraverso la testimonianza del fidanzato Shelby Carpenter (Vincent Price), della ricca zia Ann Treadwell (Judith Anderson), dei suoi amici e soprattutto leggendo le sue lettere e il suo diario, McPherson inizia a conoscere Laura e lentamente si innamora della donna morta, particolarmente attraverso il suo ritratto posto sopra il camino.

Egli diventa ossessionato, e usando la scusa di cercare di risolvere l’omicidio, si intrattiene sempre di più nel suo appartamento ed è a questo punto accusato da Lydecker di essersi innamorato della donna. Una notte, McPherson si addormenta sotto il ritratto. Viene svegliato all’improvviso dal rumore di qualcuno che entra nell’appartamento: è Laura, che appare come un sogno o un fantasma.

Ripresosi dallo shock, McPherson capisce che la vittima è Diane Redfern, una modella della stessa agenzia di Laura, accusata da Lydecker di avere una relazione con Shelby. Si scoprirà infine che l’assassino è Lydecker, innamorato e geloso degli uomini di Laura, che per paura di perderla data la sua decisione di sposare Shelby, era andato a casa sua a ucciderla. Ma non si era accorto, per il buio della stanza, di aver invece ucciso Diane che era lì con Shelby.

Laura se ne era infatti andata in campagna a riflettere sul matrimonio ed era ricomparsa ignara di tutto.

In Vertigine tutto concorre al felice risultato finale e la Laura di Gene Tierney resta a tutt’oggi una delle donne che più ha incarnato l’ambiguità femminile della dark-lady. È lei la vera protagonista, con la sua forza seduttrice, pur non agendo direttamente. Ammalia tutti gli uomini che incontra e li riduce all’ombra di sé stessi, dominati dalla gelosia.

Non a caso il titolo originale era proprio Laura, stravolto dalla traduzione italiana, ma non del tutto, perché la vertigine è quella sensazione che fa girare tutto, che ci fa dimenticare di tutto il resto e quando ci prende non ci molla finchè non siamo cascati a terra. Il film è molto lineare nella sua trama, è un susseguirsi di sospetti che cadono, di volta in volta, su tutti i protagonisti, fino alla fine che vede scagionate le persone più meschine.

Nella sua linearità senza buchi o cadute di tono, vengono inseriti straordinari attori, che caratterizzano egregiamente i propri personaggi. L’ossessione è visibile nella mimica, oltre che nelle azioni e nei dialoghi veloci e taglienti. Su tutti spicca Lydaker/Webb: sottile, sarcastico, composto e sicuro è attore di alcune delle più belle battute del film (Lei ha mai amato? Una volta… una maschietta; mi scroccò una pelliccia).
Preminger dirige alla perfezione dimostrandosi a suo agio con un genere che proprio da qui ebbe uno dei principali punti di partenza. Sono più che mai presenti ossessione, delitto, intrighi, colpi di scena, voce narrante, caratteri torbidi ma eleganti e tutti ben caratterizzati.

Una fotografia, che vinse l’Oscar, visibile in uno stato di tensione tra luci e ombre, a cui si aggiungono dialoghi acuti e scenografie molto accurate, creano un’atmosfera morbosa, sottolineata efficacemente dal tema musicale, in cui la lady può agire col suo fascino irraggiungibile, lasciando la scena ai tre uomini disposti a sporcarsi le mani pur di ottenere l’amore di Laura.

La scena conclusiva dove Lydecker è in parte nascosto dall’ombra del pendolo che scandisce quelli che sembrano gli ultimi rintocchi con i versi di D’annunzio in sottofondo è la punta di un noir davvero affascinante, che si conclude con la rottura dell’orologio. È il tempo che si ferma per sempre.

michele comba

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