La fortuna aiuta il morto – Stephen Spotswood



Stephen Spotswood
La fortuna aiuta il morto
Mondadori
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New York 1945
Will Parker è una ragazza orfana di madre scappata da casa a quindici anni e cresciuta in un circo. Adottata un po’ da tutti gli artisti impara a lanciare coltelli, liberarsi da corde e catene, lottare e adattarsi a ogni situazione.  Il suo aspetto un po’ androgino e la scarsa inclinazione alla seduzione la rilegherebbero nell’anonimato, non fosse che la natura l’ha dotata di tanta intelligenza e intuito da renderla affascinante.
Lillian Pentecost è una investigatrice privata dalla salute ormai compromessa che ha conquistato fama e credibilità risolvendo intricati casi di omicidio prima della polizia. 
Durante una indagine dell’investigatrice, Will arriva a salvarle la vita per puro caso e Lillian decide di assumerla come sua collaboratrice. 
La brillante mente della ragazza fa presto suoi i metodi investigativi della professionista che finisce per affezionarsi a lei come a una figlia.
Quando la Pentecost viene ingaggiata dai Collins, una famiglia di industriali che produce armi da guerra, per indagare sul sospetto suicidio di Alistair e poi sull’assassinio della moglie Abigail avvenuto durante una seduta spiritica, gli intrecci che le due investigatrici si ritrovano a districare sembrano impossibili.
Depistaggi e colpi di scena si susseguono, raccontati con gli occhi di Will che fatica a non lasciarsi coinvolgere dalla bella Rebecca, la figlia delle vittime, oltre il consentito dall’etica professionale.
Quando la lettura ti rapisce e ti ritrovi a fare le ore piccole per la curiosità di scoprire gli avvenimenti successivi, significa che la storia è avvincente, la scrittura piacevole e i personaggi sono centrati e definiti.
Spotswood non sente il bisogno di descrivere i luoghi ma scolpisce con poche e semplici immagini fisionomie e caratteri.
  “Si accomodava sulla più bella delle nostre poltrone gialle. Era così piccola che ne venne praticamente inghiottita” 
“Non aveva bei lineamenti visto da vicino. Doveva essersi fratturato il naso più di una volta, e intorno agli occhi aveva le piccole cicatrici tipiche degli attaccabrighe.”
Uno stile scorrevole dal taglio cinematografico su una storia ben strutturata. Bel libro.
Stephen Spotswood giornalista e sceneggiatore vive a Washington DC

Walter Colangelo

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