Prima di cadere



Noah Hawley
Prima di cadere
Einaudi
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Non amo molto l’America in generale – cibo, vestiti, musica, romanzi ecc… ecc… – ho altri gusti. Così ho acquistato “Prima di cadere” (Einaudi) di Noah Hawley soltanto perché consigliatomi dal mio amico Giampiero Rigosi. Lui scrittore e sceneggiatore bolognese, non aveva dubbi: è un bel romanzo. E aveva ragione.
La storia parte dalla fine: un piccolo aereo privato con undici persone a bordo s’inabissa al largo di New York. Si salvano soltanto in due: un pittore e un bambino. Poi Hawley riavvolge il nastro. Le quasi cinquecento pagine servono, infatti, per scoprire chi sono le vittime, i loro segreti, e perché quell’aereo è precipitato. Ma, soprattutto, servono all’autore per fotografare l’America di oggi. Un ritratto spietato. Sullo sfondo, critiche al presidente Trump, al mondo delle “fake news” e alla boria dei ricchi, o sedicenti tali.
Prima di cadere” è scritto e costruito bene. Hawley, per capirci, è lo sceneggiatore e produttore, tra le altre, della serie “Fargo”. Il linguaggio utilizzato è perciò molto secco, strizza l’occhio ai giovani e va diretto alla pancia. Un esempio: «Ben Kipling si trovava davanti a un orinatoio di porcellana nel bagno con boiserie di Soprezzi. Stava parlando con Greg Hoover, che si trovava in piedi accanto a lui, dondolante, intento a pisciare contro la superficie lucida e concava che gli nascondeva il cazzo. Le goccerelline di orina gli schizzavano i mocassini con le nappe da seicento dollari». A me ricorda McInerney (uno dei pochi americani che leggo volentieri), ma ci si possono trovare echi anche di anche Bukowski, volendo. Comunque sia il romanzo lascia un buon sapore in bocca. Se fosse una canzone, suonerebbe come un pezzo di Jack Savoretti. Voto: 7/8.

 

Alessandro Garavaldi

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