Il nido del serpente



Pedro Juan Gutiérrez
Il nido del serpente
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Pedro Juan Gutiérrez è senza ombra di dubbio il Charles Bukowski cubano. Stessa spregiudicatezza nel vivere e nello scrivere, stessa prosa viva, essenziale ed intesa. Stessa disperazione. Analogie che forse mai come nel suo ultimo “Il nido del serpente” risultano tanto evidenti. In questo romanzo ci troviamo di fronte a storie di ordinaria follia ambientate all’Avana degli anni sessanta. Protagonista un adolescente focoso che conosce per la prima volta il piacere di stare con una donna. Un ragazzino che sembra più vecchio dei suoi tredici anni, pieno di dubbi, incerto sul futuro, che si chiama proprio Pedro Juan e che, in tutto e per tutto, ricorda l’Henry Chinaski alter ego di Bukowski. Nessuna finzione, uso della prima persona, descrizione essenziali. Prosa asciutta, virile verrebbe da dire, immagini vivide. Stupefacente come certe storie, ambientate a Los Angeles oppure nell’Avana castrista, possano risultare simili. Continuando col paragone con lo scrittore americano si potrebbe dire che “Il nido del serpente” rappresenta il “Panino al prosciutto” di Bukowski: ovvero il racconto dell’adolescenza dell’autore, le sue letture, la sua crescita a tappe forzate, l’affinazione dell’arte di arrangiarsi.La storia di Cuba è filtrata, in questo romanzo, attraverso gli occhi di un adolescente che vive diviso tra la miseria del quartiere di neri dove risiede con la famiglia e la frequentazione occasionale ma importante di alcuni parenti ricchi all’Avana. La vicenda si svolge negli anni immediatamente successivi alla rivoluzione cubana. Quando la madre è costretta a vendere tutti gli oggetti di casa (lenzuola, porcellane) per poter tirare avanti, il protagonista commenta, pungente e sarcastico: “Nessuno era più padrone di nulla: soppressione della proprietà privata. Tutto era mio”.
Anni in cui gli stranieri, così come molti cubani, fuggivano per rifugiarsi a Miami. L’Avana regalava paesaggi inusuali e locali desolatamente chiusi.
“Non c’erano più né fumetti né bar. Superman era fuori combattimento”.
“Il nido del serpente” è soprattuto un libro intimo in cui Gutiérrez non ha paura di confessarsi, di mettersi a nudo, di sottoporsi, senza difese né scuse, al giudizio del lettore anche quando compie azioni di cui sicuramente non va fiero. Uno spaccato di Cuba che dura otto anni, dai tredici ai ventun del protagonista, dove si racconta di alcool, donne, della fatica nei campi di canna da zucchero, dell’esercito castrista, della ricerca di uno scopo nella vita. Una biografia che s’intreccia con la storia burrascosa di Cuba, raccontata da un punto di vista spassionato, equidistante come lo è qualcuno che cresce in bilico tra due mondi: da un lato, la Cuba popolare dei neri e dei mulatti, con le sue religioni e pratiche originarie dell’Africa, le magie e la vita sessuale senza pregiudizi sociali; dall’altro le élite decadenti, raffinate, colte, ma anche corrotte.
Il risultato è un affresco vivace in cui si descrive l’arte quotidiana di sopravvivere cercando di racimolare un po’ di quattrini e di fare sesso. La vera ossessione del giovane Pedro Juan, quasi una ragione di vita.
Le pagine scorrono veloci, fra scazzottate, riti magici, fiumi di rum e notti infuocate fino ad una sorta di amara disillusione finale.
Come in tutti gli altri suoi libri, Gutiérrez, anche in questo, non fa mai riferimento diretto a Fidel Castro, il lider maximo, un’entità che sembra non esistere nonostante la propria ombra ingombrante si distenda sulla piccola isola caraibica, condizionandola profondamente.

paolo roversi per STILOS

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