Ama il nemico tuo



Daniele Autieri
Ama il nemico tuo
Rizzoli
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L’impostazione iniziale di Ama il nemico tuo  fa subito capire che ci si trova di fronte a un thriller che strizza l’occhio a stili d’oltreoceano. Tre personaggi in diverse parti del mondo – Erik a Parigi e in Siria, Alex a Londra e Priscilla a Roma – a cui sono dedicate parti distinte, destinate poi a ricollegarsi. Medico umanitario il primo, broker il secondo e magistrato la terza, ricoprono ruoli inconsapevoli in un meccanismo molto complesso.
Autieri ha infatti elaborato una trama articolata, ad ampio respiro, che si sviluppa su più fronti e in diverse parti del mondo. Poche le descrizioni degli ambienti in questione, ma resi credibili con pochi sapienti dettagli, da New York al deserto del Teneré. I personaggi principali spesso trasmettono riflessioni interessanti, sulla vita in genere o su realtà più specifiche (bello il ragionamento del Mohicano, personaggio che entra in scena successivamente, secondo cui il male che commettiamo ci sopravviverà). Da lì in poi, intrecci con trame dell’ISIS e di una fantomatica criminalità organizzata calabrese, chiamata Il Crimine,  dai connotati lasciati volutamente generici, mai riferiti a una specifica mafia di quelle realmente esistenti. In generale, Autieri scrive una storia di pura fiction in cui evita, a dire il vero, qualsiasi approfondimento che possa ricondurre a situazioni reali, ISIS e Siria a parte, il che connota il romanzo come di evasione pura.
Insomma, Ama il nemico tuo ha  una storia che promette bene e, dato non trascurabile in epoche in cui impazzano libri da cento pagine scritti in carattere quarantotto, che costano più di un Ken Follett e durano il respiro di una farfalla, promette di regalarci una lettura duratura e consistente.
A mio avviso però dalla seconda parte in poi si fa meno incisivo, lo spazio dedicato alle situazioni famigliari dei singoli  ruba al cuore della storia e alla suspence in generale, che non decolla mai e pare come eccessivamente diluita tra le pagine.
La scrittura è comunque pulita e fluida, per gli amanti di questo genere piuttosto classico di thriller ci sono garantite delle ore di discreta lettura, anche se, a mio avviso, poteva essere più incisivo.
Doverosa la, ahimè spiacevole, nota tecnica sui refusi. Appaiono infatti evidenti errori e dimenticanze imbarazzanti, tra cui il verbo ‘dare’ in seconda persona, sia indicativo che imperativo, scritto a volte con l’accento (dài) a volte senza, il che ripetuto con frequenza incomprensibile. Refusi Vs Rizzoli: 1-0, e tutti a casa.

Dario Villasanta

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