Corte d’Assise



george simenon
Corte d’Assise
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Petit Louis ha entrambi i piedi fuori dalla legge, ma il suo ruolo è ancora quello di un parvenu del crimine. È giovane, magari un giorno potrà dire la sua tra i Marsigliesi, ma per ora che si limiti a fare il palo. Constance questo non lo sa. S’illude di avergli fatto breccia nel cuore e così ora ha il suo bel gangster di cui andare fiera. Anche perché pure lei non è che sia proprio tutto quello che appare. I cinquant’anni se li porta addosso, ma quel titolo di cui si vanta, contessa, a dir la verità è un eufemismo dell’esistenza che indossa per non dire mantenuta. Da un ex funzionario della dogana.

Petit Louis fa il duro, ma la vita ha deciso di fare il duro con lui. Come? Facendo trovare Constance morta, ad esempio. E lasciando gli occhi dell’accusa sociale spalancati verso di lui. Le cose non sono andate così, è evidente da subito. Ma alla verità, la maschera ora l’ha messa qualcun altro.

Scritto nel 1937 (in hotel sull’isola dei Pescatori, Lago Maggiore), *Corte d’Assise* prevede solo carte truccate e permette che il tavolo sia testimone di quel gioco che lentamente s’intorcina su se stesso quando il destino decide di girare a modo suo, senza più rispettare le minime briciole di realtà che i protagonisti portano con sé.

Il tema della verità giudiziale che si forma man mano con una autonomia tutta sua a dispetto di qualunque fonte di verità opposta, è quanto di meglio il tavolo del noir possa offrire per raccontare che il libero arbitrio umano può diventare un bella menzogna colossale (ricordiamo il magnifico *Signori della corte… * di Edgar Lustgarten). E, come insegna André Héléna, la propria storia, se leggermente strinata di nero, può mettersi di traverso in maniera definitiva e non dare scampo all’autenticità delle nostre rivendicazioni d’innocenza.

Il passato è sempre lì a picchiare duro sulla nostra povera pelle. Georges Simenon lo racconta con una leggerezza al limite del cinismo. Più che la storia, è la sua scrittura a respirare noiritudine da tutti i pori. D’accordo, non è la prima volta. Ma la facilità con cui lo faceva fa quasi venire i nervi. Ci scusi Simenon, ma spesso la sua maestria fu così disumana…

corrado ori tanzi

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