Il bacio della Vedova



andré helena
Il bacio della Vedova
aisara
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Maxence alla fine la vedova la bacia. Zac, un colpo netto e la sua testa rotola portandosi appresso lo sguardo di stupore dell’uomo che fino a qualche istante prima aveva portato con sé. Non svelo niente, ce lo dice subito André Héléna, in uno degli epiloghi più intimamente micidiali che la storia del noir possa offrire. Un epilogo presentato all’inizio, come parte staccata dalla storia. Dove appunto si racconta degli ultimi mesi del prigioniero, dato in pasto alla ghigliottina. La Vedova, come viene chiamata in gergo.

Poi appunto c’è la storia. Che l’autore ha intitolato prediligendo fermare il momento che dice stop a tutto, ma che, per forza d’inerzia, si pone come esterno al racconto: Il bacio della Vedova. Perché ciò che si agita all’interno della narrazione va al di là, molto al di là della sua fine (forse per questo Héléna la ha inserita immediatamente, via il dente via il dolore). È il racconto di un mondo che non sa neanche fuggire, capace di andare incontro ai guai come il topo scova il formaggio e colpito da una sfiga colossale. Parigi sa essere la più crudele delle città con i suoi figli più fessi. E se fessi proprio non si è, ma solo leggermente sfortunati, la Ville Lumière è implacabile a far valere la legge della sopravvivenza. Che anche a Pigalle si declina in giungla.

L’ambientazione è quella tradizionale. Bulli, pupe, gangster e poliziotti. Il via è dato, come d’abitudine, da un fatto quasi sciocco in sé. Che però rotola in un turbine senza fondo e freno. Maxence si farà male. E il suo destino diventerà una storia che qualcuno potrà raccontare. Finché non verrà dimenticata.

Sembra un romanzo tutto azione e strade battute col ritmo inflessibile della mala. Invece è quanto di più intimo uno scrittore possa raccontare nel plurimillenario scontro tra crimine e giustizia. Ne esce l’uomo solo. E non perché a un certo punto gli venga imposto di rinunciare alla vita. Ma perché la sua vita, finché è stata, non è stata che solitaria. Come quella di tutti i suoi simili. Una cosa che non ci appartiene, ma che indossiamo senza neanche averla chiesta. Lode con lode.

corrado ori tanzi

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