Il mago del Cremlino- Giuliano da Empoli



Giuliano da Empoli
Il mago del Cremlino- Giuliano da Empoli
Mondadori
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Nel giugno del 2022, a pochi mesi dalla prima pubblicazione in Francia, Mondadori ha presentato al mercato italiano “Il mago del Cremlino“, primo romanzo di Giuliano da Empoli, professore di politica comparata presso l’università parigina Sciences Po (tra i tanti ruoli ricoperti in carriera). “Il mago del Cremlino“ è un’opera con una missione cristallina: intende fornire agli occidentali, e non solo, una chiave di lettura su alcuni indecifrabili aspetti culturali della Grande Madre Russia contemporanea.

“Libro dell’anno”, secondo l’erudito parere di Rivista Studio”, Il mago del Cremlino” si distingue per una costruzione peculiare, una narrazione progettata come un lungo racconto pronunciato nel corso di una gelida notte, davanti al caminetto di un salone dominato dai libri, con un whisky tra le mani, in un’aristocratica magione nascosta tra i boschi fuori Mosca.

La dacia in questione appartiene a Vadim Baranov, il mago del Cremlino, appunto, protagonista del romanzo, immaginato come alterego cartaceo di Vladislav Surkov, lo spin doctor dietro la politica imperiale perseguita in tempi recenti da Putin. Baranov/Surkov rivolge il suo monologo al secondo personaggio fondamentale della narrazione, un ricercatore universitario parigino (l’autore stesso?) inviato nella capitale russa per compiere uno studio sul letterato Evgenij Zamjátin, lo sfortunato autore del romanzo distopico “Noi”, riparato in Francia, anch’egli, prima del tragico culmine dello stalinismo.

Baranov non compare subito sulla scena come il moderno Rasputin di Putin. Discende dall’antica aristocrazia zarista e, agli inizi della sua carriera, è impegnato nella produzione di show televisivi e nell’organizzazione di eventi. Si trasforma nel mago del Cremlino lentamente, durante gli anni Novanta, quando il turbo capitalismo di matrice russa riduce in brandelli il decrepito sistema vetero-sovietico e l’astro del nuovo zar comincia a risplendere da un angolo all’altro dell’impero più vasto del globo. 

Nella Russia dei Novanta, esattamente come adesso, conta la vicinanza al potere e non il denaro. L’apparente follia odierna di Putin è spiegata, in termini occidentali, come reazione alla perdita di prestigio dell’ex URSS, provocata e accelerata dalle scelte politiche degli Stati Uniti e dei vassalli in giro per il mondo. Negli stessi termini Baranov chiarisce quello che oggi – il libro è stato consegnato all’editore nel 2021 – alle latitudini europee si manifesta come un dissennato appoggio della popolazione russa al conflitto in Ucraina: una nazione che ancora nel nuovo millennio, secondo i sondaggi, premiava Stalin come personaggio più importante della storia patria, per aver guidato il paese nel momento più glorioso, quando stabiliva i destini del pianeta parlando da pari con gli americani, siffatta nazione non aspettava altro che un nuovo cesare, un condottiero, un capo inflessibile, in grado di riportarla dove sin dal 1945 ha immaginato essere il suo posto nel mondo.

Prima di formulare un inquietante presagio, Il mago del Cremlino sullo sviluppo di un preciso meccanismo precedente l’invasione del 24 febbraio 2022, restituendo un volto, una voce e un piano agli uomini che hanno agito dagli immediati confini dell’impero in direzione del vassallo irrequieto, un minuto dopo i fatti della cosiddetta Euromaidan, la rivoluzione filooccidentale scoppiata a Kyiv nel 2014.

Il finale distopico e fortemente pessimista sul futuro dell’umanità avvicina “Il mago del Cremlino” al “Noi” di Zamjátin, alimentando l’alone nero attorno all’immagine, già fortemente sinistra, di un domani in cui uomini come Baranov/Surkov tireranno i fili che muovono gli eventi globali, sussurrando all’orecchio del principe folle in quel momento accomodato sul trono.

Thomas Melis

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